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La Cosmogenesi della Dottrina Segreta -
Uno
dei postulati fondamentali della Verità Esoterica è stato, da
sempre, l’identificazione assoluta del microcosmo col macrocosmo.
Tale fusione, naturalmente, ha cancellato ogni minuto frammento
antropomorfico e formale dallo specchio della vita, facendo sfumare
i contorni dei ragionamenti e delle cose in un lago di pura essenza
energetica, da cui proviene l’ondata della molteplicità universa.
La cristallizzazione non ha luogo ad esistere nel palpito eterno
della vita, ma è, invece, l’aspetto finito delle cose. Se noi
vogliamo considerare dal giusto punto di vista la creazione
dobbiamo, con uno scarto mentale innato, come fanno i cavalli
selvatici nella brughiera, per togliere via dal collo qualunque
briglia imposta, spazzare dallo specchio dei cieli la semenza
d’oro degli universi, e realizzare, invece, lo spazio, su cui e
con cui essi sono stati disegnati, quale unica cosa eterna. Lo
spazio soltanto, a detta di tutti coloro che hanno toccato il fondo
del problema universale, esiste, ed è la PRIMORDIALE
SOSTANZA ENERGETICA, ETERNO, IN ETERNO MOVIMENTO; il vero dio degli
occultisti, con le sue tre manifestazioni o persone. La vera
tetrakis magica di Pitagora, la vera ed unica realtà .
Un
dio ebreo, antropomorfico, che avesse creato ciò in cui egli
stesso sarebbe stato contenuto, non è contemplato dalla Dottrina
Segreta. Tale dio, come ogni cosa definita in qualità e in quantità,
verrebbe, prima o poi, sradicato, nelle sue più intime radici, da
quella legge di movimento assoluto, o il Soffio Perenne degli
orientali, che agita brezze ondulanti sull’energia primordiale,
estraendone gli archetipi eterni in essa contenuti. È una legge,
codesta, del movimento innato di tutte le cose; movimento dinamico e
scaturente da sè medesimo, qualità dell’essere, e che nessuno ha
fatto nascere, costituente un postulato fisso per ogni filosofo
degno di tal nome. Come, infatti, Helena Petrowna Blavatsky dice, si
potrebbe, per delle ore discutere con chi non è pronto, ma solo la
sua maturità gli farebbe accettare le verità occulte; e noi
aggiungiamo che è scriteriato voler parlare sulla primogeneità
dell’uovo, o della gallina, tenuto conto che tali due elementi
sono le faccette di una stessa sostanza-base, fons et origo di ogni
cosa.
Quindi,
un principio universale di vita che, nel suo aspetto astratto,
rimane, rimarrà, per tutti e per sempre, eternamente inconoscibile,
sui cui limiti non verranno mai conficcati i paletti del confino,
sia pur di definizione; un principio che assume forma di sostanza
primordiale onnipervadente e con cui ogni cosa viene plasmata,
quando tale principio, mosso dall’unica qualità che possiede, il
movimento cosmico, il Verbo (che, come sappiamo, è sinonimo di
suono - fattore magico, sia in alto che in basso -), scende dallo
scalino dell’eternità immacolata, e diviene universo, palese e
tangibile. Parabrahaman è il principio astratto; Mulaprakriti,
la corrispondente concretezza energetica, che ne costituisce il
rovescio. Due aspetti di un’unica realtà, non scissa da sèmedesima,
ma fluente in un triangolo sostanziale, che non vuole fessure in
esso, o spaccature, quali sono i dualismi tra soggetto ed oggetto,
creato e creatore, ecc..
Ci
si perdoni un paragone che può sembrare celia, ma immaginiamo che
lo Spazio-Padre sia un velo gigantesco, i cui confini si sperdano
nell’immensità del per sempre ignoto; le vibrazioni, che
scaturiscono, ovunque, creano delle pieghe, dei corruscamenti sul
tessuto, dei vortici, delle linee. Ecco fatto! Così è, anche, per
il nostro caso. I vortici, le linee, le forme, con le debite
proporzioni, sono gli unici, palesi aspetti di vita, dal microbo, ai
gas superiori. Chi ha dato, allora, l’impulso a tutto ciò ? Nel
suo primordiale volto, nessuno. Il movimento innato è coevo con lo
spazio, come dicemmo, e cicli, e cicli di quella energia che a noi
appare come tempo occorsero a trasformare i gas scaturiti dalla
proto-materia metafisica, in globi e materia infrastellare. Nè,
d’altronde, l’armonia delle cose presuppone un "ens"
che le abbia disposte così, poiché, come dice uno dei Maestri
della Fratellanza Bianca, ogni essere disarmonico ed ogni ebete
presupporrebbero un dio ebete e disarmonico che li avesse creati. E,
ancora, non esiste - come si può intuire - un’armonia, archetipo
di per sèstessa, ma un fluire universo, che ha per base solo volontà
prorompente di vita.
La
natura del ragionamento limitato è corrosione; ciò è chiaro.
L’uomo non sa ancora che la vita proviene dalla morte (e
viceversa) e, come dice il Buddha, non appena un fiore nasce, già
comincia a morire. Questo, il valore metafisico del termine
Rosacroce. L’uomo non immagina che determinare i confini di una
cosa significa averla già distrutta, per poter passare
all’emanazione nata da tale sacrificio.
Qui,
il valore della parabola della Baghavad Gita (il Vangelo indù ): "
Offri sacrifici agli dei; soltanto attraverso la morte del
precedente, ma assoluta, si passa al susseguente!...". Definire
una cosa significa essere già passati alla seconda. Non si può
intingere due volte il dito nella stessa onda. Assioma antico, ma
pur sempre nuovo agli occhi dell’arcana scuola esoterica.
Definire, quindi, le radici dell’universo ( visto e considerato
che non esiste il nulla, ma la stessa definizione è un tipo di
energia impressa nelle fotografie astrali - il segreto occulto
dell’eternità -), significherebbe strappare lo stesso universo
dal solco cosmico. Definire il TUTTO, significherebbe distruggere il
TUTTO, che, di per se stesso, è l’unica cosa che esiste. E
preghiamo il lettore di non considerare tale ragionamento come il
profumo di una dissertazione sofistica, ma come la reale forza che dàl’immortalità
cosciente a tutti coloro che ne hanno scoperto il senso celato.
Se
qualcheduno, mentre voi leggete questa lezione, arrivasse a
scoprire, per ipotesi assurda, l’origine del TUTTO, quale noi
abbiamo considerato or ora, vi sarebbe immediatamente
un’esplosione a catena di sistemi solari, che schioderebbe i
Valori Universali dalla ruota eterna su cui poggiano. Nessuno lo ha
fatto; neanche i più grandi Dei del nostro sistema solare, come,
spesso, èripetuto nella Dottrina Segreta, ne sanno, a proposito, più
di un bimbo che gioca a palline, all’angolo del cortile. Lo stesso
Logos Solare, mentre forma un sistema, vede Parabrahaman, o il
Principio Universale, sotto forma di Mulaprakriti, o sostanza
energetica primordiale. La vera nobiltà dell’uomo sta nel
rendersi conto che, mai, si potrà arrivare in fondo alla creazione;
ecco, la garanzia dell’eternità del TUTTO, e della vera libertà
e sapienza e potenza metafisica! Ecco, ciò che vien detto, tra le
righe, e fuori delle righe, dai Saggi dell’Umanità, e dalla
Fratellanza Bianca.
Lo
spazio primordiale, o il Padre-Etere degli antichi, è una arpa
armonica - prosegue nell’affermare la Dottrina Segreta - e,
esattamente come, nelle sue più basse forme, esso serve da alveo
alle sottili forze, all’elettricità, al suono, nelle più alte,
esso contiene tutto ciò che esiste in archetipico aspetto. Sette,
sono le orme di questo Proteo; sette, le corde di questa arpa;
sette, le graduazioni di questo gas primordiale. Ed è, qui, nelle
profonde e buie cavità del ventre cosmico, che il numero sette,
magico elemento metafisico, fa la sua prima apparizione. La prima
forma di etere, l’alfa della natura, già noi avemmo occasione di
mostrarla; essa è la onnipervadente ed ineffabile sostanza prima,
la pietra filosofale degli alchimisti, il vero, unico potere dei
Maestri ed Iniziati della Fratellanza Bianca. Di esso, uno degli
Adepti dice: "Tale forza esiste, e potrebbe
distruggere, sino alle sue più profonde latebre, l’universo...
("I Primi Insegnamenti dei Maestri", pubblicati da
Jinarajadasa, Parigi, edizione Adyar - 1924)." È l’unico
potere della natura. La mente, lo spirito, l’invisibile; è il
polo negativo dell’elettricità dei mondi stellari. L’ultima
forma dell’etere; è l’aspetto positivo, o l’omega cosmico.
Tra i due poli passano le cinque rimanenti graduazioni, o
ondulazioni, sul "lenzuolo universale".
A
tal punto, l’innesto tra il macrocosmo e il microcosmo, in maniera
tenace, si avvince a se stesso, ed inizia a baluginare alla
coscienza umana il ponte che unisce le cose metafisiche alle
manifeste. Il tempo e lo spazio sono apparsi; l’energia
autogenerata si è trasformata, sotto il ringhio del caos
primigenio, in gas. È già apparsa l’occulta forza tremenda che
l’orientale chiama Fohat: cioè, l’effetto, in alto,
della spinta dell’assoluto sul relativo (o la volontà cosmica,
che accende le scintille di vita, nelle lande celesti); in basso, la
semplice volontà dell’uomo, riflesso dall’innato principio di
vita, latente in ogni cosa, ed essente ogni cosa.
Se
la dottrina segreta rinuncia a priori all’idea di un dio
personalizzato, caricatura prepotente degli istinti dominatori
dell’uomo, pur sempre essa non è atea, nel senso che si intende
dare a questa parola. Essa afferma che la divinità è, per così
dire, diluita nello spazio, e che non esiste angolo dell’universo
che non possegga, radialmente e potenzialmente, il suo dio eterno.
La Dottrina Segreta, nella dolce e riposante frescura della vera
verità, toglie un dio-feticcio all’uomo, ma gliene rende
infiniti, facendoglieli riconoscere al loro posto; potenzialmente
perfetti, presi singoli; perfetti, nella loro totalità . Difatti,
pur se il TUTTO, Parabrahaman, non può venire analizzato da mente
umana, Esso si manifesta soltanto attraverso gli infiniti aspetti di
se medesimo, ognuno eterno, (le divinità planetarie: le uniche a
cui credono i Maestri di Saggezza, e, con Loro, i seguaci del verbo
della Fratellanza Bianca). Il TUTTO è inconoscibile, ma in Esso
esistono infiniti punti neutri, coscienti, perfetti quando si
identificano con l’anima universale, con cui sono un tutt’uno
(gli jiva, o termini fissi di eterno consiglio);
ognuno dei quali è avvolto da uno strato di cristalli, in
immortalizzazione, a loro volta (o prakriti, materiale in
eterno cangiamento).
Guardiamo
il cielo, durante una notte calma e placida. Quante stelle fisse!
Quante galassie! Quanti pianeti! Ebbene, ogni stella, ogni pianeta,
ogni corpuscolo di polvere interstellare è uno jiva eterno,
circondato, appunto, da quel peso singolo di materia, che egli dovrà
trascendere (lo spirito, che supera la materia; o, Purusha,
che sale in groppa a Prakriti, secondo l’assioma esoterico
orientale), per acquistare coscienza della sua potenzialità
d’infinito. Iddio è l’insieme degli dei!
Ma,
torniamo a noi. Lo spazio, o energia primordiale, è divenuto
idrogeno, il quale si complica in ossigeno e nasce, così, anche
l’ozono. Il fuoco-padre, l’aria-madre, ed il gas veicolo di
altri. Ecco, ancora, la tetrakis, il numero quattro, che,
dagli antichi, era considerato la magia, per eccellenza; il numero
simbolico, che conteneva in sé tutto il divino, ove divino
significa il potere umano di creare. La radice inconoscibile si è
tradotta in realtà visibile, nascendo da sé stessa, sotto forma di
quei gas che sono la triade necessaria a tutte le forme di vita
stellare.
Nessuno
di questi gas può venire eliminato dalle provette di un chimico, se
egli desidera formarne degli altri. Dicemmo che Pitagora considerava
il numero quattro, il numero divino, per eccellenza. Esso, infatti,
contiene il numero dieci, che è la sintesi di tutti i numeri: (1 +
2 + 3 + 4 = 10); ma, il numero quattro rappresenta anche la graduale
formazione dei mondi visibili, poiché, in esso, sono contenute
anche le quattro figure geometriche formanti la base delle cose
tutte. Dice, a proposito, un altro assioma esoterico, che dio
geometrizza. Nel nostro caso, il Movimento Dinamico della Vita
Assoluta, nel passare dallo stato immanifesto a quello manifesto,
imprime un moto circolare, sempre più veloce, agli atomi primi
dell’universo, fino a quando l’attrito di tale velocità diverrà
così infuocato - beninteso durante e dopo ere lunghissime - da
distruggere le forme di ciò che aveva estratto dalla potenzialità
archetipica. Ed ecco il punto, o la prima sosta di vita
analizzabile, formare circolo; il piano del circolo girare e
divenire solido. Il pianeta è nato.
Gas,
polvere cosmica, cometa, nebulosa, universo visibile: la strada che
il Proteo Universale, mordendosi continuamente la coda, compie. A
tratti, lo spazio congelerà parti di se stesso, e sistemi solari si
spegneranno, entrando in un periodo di oscuramento chiamato in
lingua orientale: Pralaya. A tratti, ancora, lo spazio si
infuocherà di vita, e sgorgherà quella forza cosmica chiamata
fohat, o elettricità universale, a chiamare in manifestazione (non
in vita) sistemi stellari spenti. È, appunto, dal risveglio di uno
di questi, il nostro, che prende inizio l’argomentazione della
Dottrina Segreta. Non già dal risveglio della Vita Una, che è la
non nata, e l’immortale; che è il nostro vero io, il TUTTO. Due
poli sovrani - giorno e notte, nero e bianco, vita e morte - che,
con la loro danza, incipriano le guance di questo Pierrot divino,
chiamato Maya, o illusione del relativo, attorno, sopra e sotto di
noi.
La
coscienza non nasce, ma è parte intrinseca ed immortale di ogni
corpuscolo cosmico, dal più insignificante, al più gigantesco.
Essa si sviluppa e si svilupperà sempre più, assumendo forme
magnifiche ed apoteotiche, ma, nel suo nocciolo, rimanendo il Grande
Maestro Insondabile, per sempre. A cominciare dal piccolo palpito di
un cervellino di rondinella, per finire al Misterioso Sole
Centrale, verso cui gravita la catena di sette sistemi solari, di
cui fa parte, occultamente, il nostro Sole; Coscienza sì grande,
che a malapena, ora, Esseri sublimi iniziano a percepirne le
vibrazioni, come ci viene tramandato dai testi occulti.
Ogni
stella vivente è, a detta della Dottrina Segreta, l’abito fisico
e mortale di un dio immortale che lo indossa; ma, pure, ogni sole è
la direttiva magnetica, il nord spirituale di un gruppo di pianeti
(nel nostro caso, sette) che traggono, nell’unione con lui,
armonia vitale. Ed ecco, ancora, il riflesso del grande, nel
piccolo; l’identità del microcosmo, con il macrocosmo. Uno è
l’etere, e sette sono i suoi gradi di intensità . Uno è il Logos
Solare, e sette le Sue maschere, o Logoi Planetari. Uno è
l’uomo, e sette le sue principali manifestazioni di forza occulta,
nel corpo eterico, o chakras (che lo allineano ai sette Logoi
Planetari).
E
guardiamo, adesso, il nostro Sole; guardiamo questa gigantesca forma
di vita, di cui un Maestro dell’occulto, un Adepto (vedi
citazioni precedenti) dice: "..Il sole non è un globo
solido, liquido, e neanche gassoso, ma una gigantesca sfera di
energie elettromagnetiche, riserva della vita e del movimento
universale, le cui pulsazioni radiano in ogni senso, nutrendo dello
stesso alimento l’atomo più piccolo e il genio più grande, sino
alla fine del Mahayuga.." Quando i nostri antichi
(forse noi stessi, in incarnazioni passate, che ci interessiamo,
ora, di conoscenze esoteriche), si inchinavano a tanta accecante
maestà, essi sapevano che, dietro al disco d’oro, esisteva la
Presenza Innominabile di una Realtà Suprema, o il dio personale del
nostro sistema. E, come Parabrahaman svanisce, nei limiti della Sua
infinitezza, così tale Presenza, nel Suo aspetto di "Primo
Logos", si mantiene celato alla creazione, precedendo il Logos
Manifesto, o la dualità di purusha e prakriti (se vogliamo, lo
Spirito dell’Universo: il "Secondo Logos"). Infine, il
"Terzo Logos" è l’insieme dei sette Logoi Planetari, la
base delle operazioni intelligenti della Natura e nella Natura,
chiamate anche: Maha-Buddhi. Dai sette Logoi Planetari, gli Artefici
Magici di tutto quanto esiste in manifestazione visibile, i Sette
Arcangeli di fronte al trono di Dio, procede la vita e viene
manipolata, in verità ; dal seno di questi Logoi scaturiscono anche
le monadi umane, come vedremo nei prossimi capitoli, sulla "Antropogenesi".
Ad essi si riferiscono gli Adepti, quando parlano della propria
Anima-Padre; e, cioè, della Potenza che è a capo del Raggio da cui
essi sorgono, e di fronte alla quale, durante le ultime iniziazioni,
vengono posti (Il Padre nei cieli...).
La
parabola è conclusa. Parabrahaman, di riflesso, come un fiore che,
con il proprio profumo, tocca l’odorato di un uomo,
indirettamente, emana le cose che contiene da sempre, in sé; ogni
universo si cristallizza in quelle determinate forme, sempre
seguendo le leggi di un dinamismo immanente in ogni cosa, o della
divinità latente in ogni atomo e vita; garanzia della libertà
d’ogni essere e della potenziale perfezione intrinseca al creato
stesso, che è UNO. Il TUTTO.
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