Lezione Ventesima

 

Legge del karma, ossia di causa e di effetto: descrizione dettagliata dei suoi processi.

L'eterno presente.

Il karma ed il destino costruito dai nostri pensieri e dalle nostre azioni.

Il karma del regno animale, del mondo vegetale, del mondo minerale; degli angeli, delle razze umane, delle nazioni, dell'uomo singolo; dei pianeti, dei sistemi solari, delle galassie, dell'universo.

Tutto ciò che circonda l'uomo, sia di materiale, che di spirituale, poggia il proprio divenire e la propria manifestazione sulla legge che gli indiani chiamano del "karma", o di causa ed effetto. In fisica il fenomeno risulta più svelato:"..ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria..". Il karma, nel suo aspetto metafisico, è la legge di movimento, innata in tutte le cose. Lo studioso entra, solitamente, nel campo delle conoscenze esoteriche, presumendo che le medesime gli diano il segreto di potersi liberare da ogni giogo e gli insegnino a penetrare in uno stato essenziale di una non meno specificata inerzia divina. Gradualmente, invece, l'occultismo gli mostra, tramite lo studio dei fenomeni archetipici, che un qualsiasi tipo di staticità cosmica è illusorio; e gli comunica la gioia sottile e spirituale che l'azione pura dona alle medesime Vite "oltre il velo". In ciò, adottando il metodo di porlo innanzi alla constatazione di leggi inflessibili e non originate, che formano il sub-strato necessario all'Essere. Il karma è la principale di queste leggi.

Tutto è movimento, quindi. Non esiste separazione ideale tra l'energia e la materia; o, se volete, tra il cielo e la terra. La materia è spirito cristallizzato; lo spirito è materia rarefatta. Lo sguardo di un discepolo possiede, quindi, una qualità che l'occhio comune non ha. Quella della continuità di coscienza. Per cui, se la sfera di incidenza delle sue esperienze si trova ad essere circoscritta dal piano solido, egli lo vede quale conseguenza di causali energetiche precedenti ad esso; oppure, coesistenti, ma ignote. Se, invece, le sue conquiste spirituali gli permettono di vivere nella sfera "oltre il velo", egli sa che non solo i suoi atti energetici sbocceranno, nel piano della vita oggettiva, sotto forma di situazioni fluide, o di cose oggettive, ma che lo stesso mondo che, ora, considera estremamente raffinato è il risultato di altri piani più sottili. Questa catena è karma.

Quindi, noi, dal nostro punto di vista umano, siamo un anello di una intera catena. Il nostro presente è frutto di un passato e causa di un futuro. Sia l'abitudine che l'uomo possiede di considerare il karma in funzione parossisticamente sua, sia l'abitudine a volere antropomorfizzare le Grandi leggi della vita, hanno creato un'estrema pesantezza di concetti sull'argomento e delle forti distorsioni della verità.

La sostanza luminosa della Legge deve essere percepita solo dalla singola anima degli studenti; i grandi Istruttori si sono sempre rifiutati di dare una definitiva forma concettuale ad essa. Ciò, perché, a rigor di termini, il karma è il movimento cosmico e, come dicemmo, non si può fissare in qualunque forma statica quel che, per propria natura, non vi si adatta. Per comprendere il karma bisogna studiarlo attraverso i suoi effetti; Parabrahaman si manifesta solo attraverso le leggi universali, che si enucleano nelle Divinità Cosmiche, Solari, Planetarie. Ciò che esiste dietro di Esse appare (intraducibile per il profano) allo sguardo attonito dell'Iniziato.

È, allora, in tal senso, che studieremo la Legge, fidando nella comprensione intuitiva dello studente, che noi consideriamo, sempre, un collaboratore.

Inizio e fine. Terribili parole che sono i chiodi del Cristo-umanità; circolo concluso, in cui l'aspetto razionale del nostro io continua a volersi imprigionare. Come vorremmo che tutti coloro che seguono la verità esoterica spezzassero questa loro tendenza a voler limitare, con il numero delle loro dieci dita, l'infinito raggio della Trascendenza Universale! Sembrerà paradosso quanto diremo; ma, il karma, che è la legge della razionalità cosmica, o, quella di causa ed effetto, può venir compreso soltanto dall'irrazionalità divina del nostro spirito. Difatti, se noi tentassimo di spiegare al lettore gli effetti, sia profondamente metafisici (e che lo hanno inserito nella attualità della vita presente), sia più grossolani, in cui gioca la sua parte di anima incarnata e, nel farlo, risalissimo a remote cause planetarie, solari, cosmiche, non faremmo altro che rendere più sottili e più tenaci i legami che lo avvincono alla sua prigionia mentale. Non è così che il problema del karma va affrontato. La domanda - "..e prima?" - continuerebbe a percuotere il cervello del richiedente. Prima delle esperienze Planetarie? Prima di quelle Solari? Prima di quelle Cosmiche? Dal presente capitolo speriamo, profondamente, che sprizzi la fiammata, la quale valga a bruciare, o, a neutralizzare il corpo mentativo dello studente e gli faccia assaporare, anche per un attimo, il luminoso sorriso dell'Angelo Solare; il quale gli mostrerà le cose, quali sono; ma, dall'altezza del suo Super-ego.

Nella vita non v'è un prima; non v'è un dopo. Ma, un eterno presente. L'idea del tempo e dello spazio, come l'uomo comune è abituato ad accettare, non appartengono al corredo concettuale di un Iniziato. Questi movimenti - puramente astratti - acquistano una distorsione ed una pesantezza naturali, solo quando sono filtrati dal cervello fisico dell'uomo. Portiamo un esempio che servirà a chiarire la situazione. Immaginiamoci un individuo che si trovi a vivere la sua vita, inserito in un orario di ufficio, in un orario di famiglia, nel ritmo inflessibile del giorno e della notte, della veglia e del sonno. Per lui "l'entità domani" è qualcosa di certo, di vero e di tangibile. Per lui, adesso, sono le quattro del pomeriggio e due ore lo separano dalle sei; non v'è dubbio. Per lui, ora si trova in questa stanza, in questo paese e, per raggiungere un altro ambiente, di un altro paese, dovrà creare uno sforzo fisico di movimento, in cui il binomio tempo e spazio si fonderanno e si dimostreranno evidenti, oggettivi, da sormontarsi. L'uomo medio, in effetti, è invischiato (non ritmato) dal senso del tempo e dello spazio. Ora, consideriamo un altro uomo. Un montanaro, che si trovi alle pendici di un'altissima montagna. L'acutezza del suo sguardo gli permetterà di penetrare le asperità della stessa, fin presso la vetta; se egli non può guardare più in su, ciò non significa che la cima non esista, in quello stesso attimo, a portata di mano, assieme alle altre cose che lo circondano. Così è per colui di cui parlammo prima. Il fenomeno-vita lo circonda, rappresenta la montagna che si erge davanti a lui, nella regione dell'eterno presente. Se egli, a causa della sua immaturità animica, della sua miopia interiore è costretto a starsene sempre con il capo tuffato in un cespuglio, che chiama "ora e qui", mentre palpa, con la mano brancolante, un altro cespuglio, posto poco più su, e lo chiama "dopo e là", non significa che, teoricamente, non potrebbe staccarsi dall'illusione e vedere tutta la montagna, in un solo colpo d'occhio.

Intendiamoci bene. Non vogliamo abolire la realtà del ritmo tempo-spazio; ma, solo, darle un'altra dimensione. Entrare, cioè, nell'amplesso universale del settimo Raggio, quello del Cerimoniale, schiavo di nessuno, al di fuori della legge.

Il fisico Einstein, con la sua scoperta, ha ridotto la massa identica all'energia, stabilendo che, man mano ci si avvicina alla velocità della luce, i parametri del tempo e dello spazio vengono deformati.

Da tal punto di vista, con l'atmosfera resa cristallina e respirabile, si può considerare, a tutt'agio, il fenomeno del karma. Quale, cioè, una legge che incornici ed inquadri, in ritmi sempre più ampi, la libertà dell'esistenza universale; non già che la schiacci e coercisca in fattori minuti, o, vasti, di prigionia ambientale e spirituale. Ogni azione è karma. E la legge è talmente meticolosa ed inflessibile che basta la rivelazione di una piccola verità occulta per darne l'idea. Tutti gli insetti nocivi, ad esempio, che, purtroppo, l'uomo conosce, e lo tormentano da secoli, a partire dalla cavalletta, che distrugge i raccolti, sino a giungere alla spietata zanzara delle notti estive, sono l'immancabile cristallizzazione e materializzazione di meschini pensieri di critica, di fastidio, di odio che l'umanità emanò, in passato. Si racconta, ancora, che un giorno un uomo si presentò a Buddha e Gli disse che, durante le sue meditazioni, vi era sempre qualcuno, o qualcosa che lo veniva a disturbare. Buddha, allora, gli rivelò che egli, in passato, si era divertito a interrompere le concentrazioni di alcuni yogi, per leggerezza, ed ora ne pagava le conseguenze.

Insomma, pensiamo che lo studente ci verrà in aiuto, intuendo l'intreccio fittissimo che costituisce la rivelazione della legge del karma. Nulla è dovuto al caso. La natura aborre il vuoto. Non esiste karma di armonia, oppure di disarmonia; ma, una legge improrogabile di causa e di effetto, che si perpetua in modo infinito, generale e capillare.

Le radici della legge si sperdono nell'immenso mare dell'assolutezza superiore. Riguardano l'uomo, ma non solo lui. Vi è il karma degli animali, del mondo vegetale, del mondo minerale; vi è il karma degli angeli, delle razze e delle nazioni. Una legge inflessibile, necessaria allo sviluppo delle cose e che, quando la scrutiamo, nel suo aspetto rarefatto, fa emergere una sola natura, con certezza: la sua razionalità universale. Quando, invece, la vediamo, nelle sue angolosità più evidenti, ne estraiamo la rivelazione di minute componenti, ravvicinate alle abitudini dell'uomo.

Il nostro stesso Logos Solare ha spalancato le porte all'attuale creato, per raggiungere una meta karmica, composta dai complessi frammenti di cause che risalgono a quando Egli Medesimo era Logos Planetario. Lo stesso vale per i Pianeti Sacri; lo stesso per la nostra Terra. Nessuno sfugge alla legge. Ma, sia il Dio, che l'uomo hanno addirittura bisogno di essa! Superata la fase dell'immaturità spirituale, per la quale l'uomo, una volta " morto", desidera rifugiarsi in un illusorio e caldo giaciglio spirituale, popolato di angeli, dopo un'oculata educazione alle leggi del ritmo eterno e dell'esoterismo, egli entra a far parte della Gerarchia Divina del Pianeta. Come in un alveare dorato, ivi regna la costruzione, la creazione, l'ispirazione a sempre più vasti piani evolutivi; l'uomo diventa simile al Dio che l'ha creato; e crea. Non solo: ma, il morso del simbolico serpente dorato, che già spinse Adamo ed Eva (l'eterno dualismo) a sentirsi, potenzialmente, simili all'assoluto, gli inocula un dolcissimo ed irresistibile desiderio a manifestarsi, a realizzare l'incommensurabile che gli arde in cuore. Egli, da allora, non può farne a meno. Questa è la sete che provano gli stessi Adepti, in tutto simile alla sete del Logos Solare, che non cessa, per un attimo, l'atto della manifestazione. E, se, prima, il neofita rifuggiva il karma e cercava di slacciarsi da esso, ora lo ricerca, lo fissa, lo perfeziona e vi si lega.

A tal punto, lo studente potrà chiedere:" Ma, Buddha stesso non venne a liberare l'uomo dalle reincarnazioni?". No. Buddha venne per liberare l'uomo dal giogo delle reincarnazioni involontarie e di coercizione. Buddha venne a tramutare l'uomo, da semplice effetto di quella legge, a legge stessa. Nessuno, neppure Buddha, ha il potere di liberare l'uomo dalla necessità cosmica a manifestarsi. Dove sarebbe, allora, la meravigliosa sublimità di ogni Iniziato della Gerarchia Bianca, che suggella, continuamente, il suo supremo patto d'anima con la terra, rinunciando a secoli di Nirvana, e si inserisce nella missione finale di rimanere nell'umanità, sino alla salvazione finale? È evidente che il processo reincarnativo di un Adepto risulta ben differente da quello di un comune mortale. Per un Adepto, inserirsi in un simile atto di servizio al mondo è pura gioia, pura necessità, sublime manifestazione; per un essere umano è il preludio ad una vita di dolore. Quando l'Adepto raggiunse il rapporto integrale con i tre Signori di Raggio, Egli divenne Uno con Loro! Non è il caso di parlare di oblio, mentre Egli si immerge nella materia; né di ricordo, mentre risale la corrente del fiume divino. Cosa deve dimenticare, Lui, se è divenuto ciò di cui dovrebbe ricordarsi? Quindi, risulta chiara, ora, la ragione per cui il Maestro Koot Humi disse, una volta (Lettere dei Maestri): "..la reincarnazione è un fatto improrogabile, nella natura. Lo stesso Buddha dovrà reincarnarsi, a suo tempo..". Ma - aggiungiamo noi - con effetti ben diversi da un uomo comune! Perché non sarà soltanto Buddha a reincarnarsi; ma, il Logos, con Lui...

Ecco, quindi, perché il piano personale si riallaccia al Piano Cosmico. Ecco perché la reincarnazione, come la subisce l'uomo, non ha i postulati adatti per rappresentare la vera rivelazione del karma reincarnativo, quale non solo è atteso, ma, desiderato dal Dio. Non basta dire che lo spirito, per una ineluttabile legge ritmica, si immerge, come sostanza monadica, dopo esperienze molto rarefatte, nei mondi elementali e preludenti il fisico, nel regno minerale, nel vegetale, nell'animale; e, qui, raggiunge l'individualizzazione, passando nell'umano. Non basta dire che l'elementare precarietà delle sue conoscenze primordiali lo spingono a creare una catena di effetti, che lo conducono a fare esperienze delittuose, per comprendere la virtù; a fare esperienze virtuose, per incorporare la santità. La legge emerge. Di fronte ad essa, dice Helena Petrowna Blavatsky, bene e male non esistono; ma, solo l'irrefrenabile potere dell'espressione.

Possiamo, però, delineare a sufficienza questa legge, dal punto di vista animico. Difatti, le Iniziazioni servono a farcela meglio comprendere. Vi è un karma singolo, che riunì l'uomo alla sua tribù; egli partecipò, allora, al karma comune. Le tribù formarono le sottorazze; le sottorazze, le razze madri. Le razze madri, i periodi di globo, ecc.. Quando l'uomo giunge ai bordi del Sentiero, si distacca, lentamente, dal karma ambientale, di razza, e torna alla sua primordiale originalità. Questo momento è delicato. I Maestri lo prevedono. Ed è il momento in cui il richiamo dell'Angelo Solare crea un'acuta nostalgia nel neofita. Le abitudini della società non lo soddisfano più. La vita delle cose naturali non lo attrae. Sopravvengono i simbolici quaranta giorni nel deserto. La solitudine, se non materiale, comunque spirituale, circonda il discepolo. Ed è una lezione che deve superare; lezione prevista dalle prove del Sentiero. Frammenti karmici continuano a colpirlo, con forza veemente, finché, dopo la tempesta, il suo Spirito affiora nel "Regno del Silenzio". La Voce del Silenzio parla. Il karma personale è esaurito. Ora, egli si accingerà ad innestarsi nel karma planetario. Gran tripudio, codesto! Meravigliose nuove lezioni egli impara. La lezione dei "siddhi", o, dei poteri, eredità diretta di Shamballa; l'esperienza dolcissima del bacio occulto dei Fratelli di Gerarchia. L'amplesso con il Re del Mondo. L'inizio del secondo Sentiero. Vi è un terzo Sentiero; ma, è prematuro parlare di esso. Basta accennare che un terzo tipo di karma appare.

Ne consegue che è illusorio parlare in termini di esaurimento di karma; anche se gli Istruttori esoterici hanno esortato il discepolo in questa direzione. È chiaro che le parole di un Adepto vanno comprese; ed è chiaro, anche, che l'Adepto si rivolge, spesso, a singoli gruppi di studenti che, effettivamente, debbono esaurire un ciclo karmico, a che, nel sottinteso, possano penetrare in una sfera di attività superiore. Sfera di attività che, di solito, l'Adepto lascia intravvedere, senza entrare in particolari, che appesantirebbero di altre inutili ricerche la mente del discepolo.