Il
rapporto tra il piano visibile e quello invisibile dell'esistenza.
Qual'è il ponte che unisce i due?
Colui
che desidera divenire un saggio cultore della scienza degli
Iniziati, pur postulando la struttura del proprio io su di una
trascendenza originale, inconcepibile a mente umana, dovrà
penetrare nel ritmo dettagliato di uno studio razionale sugli
effetti della Causa Incausata, avendo Quest'Ultima come sfondo
necessario ad ogni pensiero ed azione. Inutile voler cercare di
frenare l'incessante fluidismo elastico dello sviluppo di ogni regno
della natura (dai visibili agli invisibili) con l'investigare sulla
Ragione Prima di tutta la manifestazione universale; lo sguardo
dell'uomo giungerà a scoprire dei Punti Cosmici a cui il nostro
sistema solare è legato, per fondazione occulta e per assorbimento
costante di energie; ma, non si fisserà, mai, ad un dato
originatore, a cui si rifaccia l'intera responsabilità
dell'esistenza di ogni universo. Dovrà studiare l'aspetto astratto
della legge di creatività, latente in ogni schema di espressione
vitale, consapevole che la medesima ritma il proprio pulsare, sia
mentre vivifica la vita di un infusorio, che quella di un sistema
solare; e lo fa sempre nella stessa maniera. Appresa la Legge Unica,
egli applicherà, consapevolmente, tali diagrammi di modulazione,
ovunque e quando lo vorrà.
Consideriamo,
quindi, un primo postulato. Esiste un'unica sostanza, madre delle
altre, che gli indiani chiamano mulaprakriti (radice
dell'essere), sin dai tempi dei tempi. Non possiamo definirla come
energia, nè come materia. E lo abbiamo visto nella precedente
lezione. Possiamo soltanto ammettere che tale sostanza si manifesta
ai sensi dell'uomo - sia metafisici, che fisici - in vari stati di
sottigliezza. Quando essa ha raggiunto una massiccia quadratura
delle proprie possibilità di manifestazione noi diciamo che
determina il mondo materiale e visibile, qual'è da noi conosciuto;
quando, invece, il suo stato è troppo rarefatto per essere
coscientemente percepito dall'uomo comune noi ci troviamo a che fare
con i mondi sottili, di cui tanto parlare si fa, in seno ad ogni
religione mondiale; o, con le forze sconosciute, eppure
potentissime, del pensiero, della magìa, dell' Adeptato. E se, in
una prima analisi, abbiamo diviso il reame del manifesto in due
porzioni grossolane - il visibile e l'invisibile -, ad un ulteriore
e più approfondito esame della situazione, vedremo che sette
sono i gradi di sfumatura, esistenti in seno a questa materia
originale: la mulaprakriti degli indiani. Le letterature
teosofiche, o, esoteriche, o, iniziatiche di tutti i tempi hanno
penetrato a fondo il nucleo di tali sette reami. La Kabala parla dei
sette Troni Angelici, dei sette Sephirot; gli occultisti, dei sette
piani di esistenza, ecc.. I cattolici, senza cognizione di causa,
affermano l'esistenza del paradiso, considerando uno tra gli
inferiori di tali piani, in cui si annida la pulsazione spirituale
dell'anima umana, dopo avere oltrepassato il "velo" della
morte del corpo fisico. Il lettore ha conoscenza di tali piani; e sa
che il mondo fisico è l'ultimo e più basso di essi, e che ogni sua
incarnazione lo distacca dai mondi superiori, per immetterlo,
nuovamente, nel ritmo della materia, ove la propria anima acquista
l'autocoscienza e una consapevolezza di potere e sapere. Comunque
siano le cose e qualunque visione abbia lo studioso dell'aspetto
ignoto dell'essere, un fattore risulta importante. In tutto questo
rapporto tra il metafisico ed il fisico, non v'è stasi, o,
separazione. Una precisa interrelazione si svolge tra il piano
visibile e l'invisibile e lega il primo al secondo (e viceversa),
fino a quando non si è scoperto il nodo comune ad entrambi. Il
movimento della materia universale è sempre in ondulazione. Le
forze dei piani superiori a quello umano sono in costante movimento
e mutamento e si annidano nel mondo oggettivo, non solo senza che
quest'ultimo se ne renda conto, ma, addirittura - quando esse
scaturiscono da Intelligenze Supernormali - conducendone la
manifestazione.
Non
si può negare l'esistenza di un controllo superiore alle cose di
questa vita. Tante ragioni, nel recente sviluppo del pensiero umano,
si sono rivelate efficaci all'uopo, che diviene dogmatico negare
l'esistenza del metafisico. Si tratta, solamente, di nutrire
l'intelligenza umana, dando una spiegazione scientifica e razionale
al fatto. Il nodo vitale tra l'espressione fisica solida e quella
energetica, la scienza lo ha sciolto con la scoperta della
disgregazione atomica; e continua a dipanarlo, tramutando
l'elettricità in materia, e viceversa. Altrettanto, anche se
impropriamente, hanno fatto le liturgie di ogni tempo, cercando di
vincolare l'uomo materiale ad uno sfondo liberatorio di forze
trascendenti e cercando di indicargli l'esistenza di un fattore di
catarsi, fuori dal piano visuale. Ma, l'affermazione di certi dogmi,
la coercizione, da parte della casta sacerdotale, in genere, alla
fede, portata come obbligo, che non ammette discussione e porta alla
scomunica colui che non la esterna, e altre varie ragioni, hanno
allontanato molti validi pensatori da essa, ed hanno creato,
dall'altra parte, una schiera di individui che, per servilità
parossistica, negano alla propria ragione un movimento individuale e
si preparano, per le epoche future, a cicli di immobilismo
spirituale.
Se
l'occultismo eletto afferma che determinate cose non possono venir
manipolate ancora dalla sfera dell'intelletto concreto, dall'altra
soggiunge che esse verranno percepite da un sottile senso
dell'intuito spirituale. Questa non è fede cieca; è il significato
di buddhi, come in oriente viene chiamato.
Cerchiamo,
dunque, la nobile via di mezzo e perveniamo al secondo postulato
della nostra ricerca. L'unica sostanza, che abbiamo chiamato
mulaprakriti, è in eterno movimento; ripudia la stasi. Se essa, al
piano di coscienza a cui è giunto colui che analizza la situazione,
gli si presenta come la radice del proprio orizzonte ambientale, si
rifletterà in un ulteriore aspetto sottile, dal quale irradia
l'ampio mantello della sua natura, e con il quale plasma il medesimo
orizzonte. Tale radice, gli indiani chiamano Parabrahman.
Inutile voler fissarci sui termini. Brahman, dal sanscrito,
significa: l'originatore del movimento, nella sfera più aderente
alla coscienza dell'osservatore (da brih = muoversi); Para,
significa: "ciò che è prima". Quindi, ciò che è prima
di mulaprakriti. In poche parole, il secondo postulato afferma che
il più pesante deriva dal più sottile e quest'ultimo - aggiungiamo
- determina e conduce il più pesante. Bisogna andare alle origini
ed unire e vivificare l'aspetto di vita che vogliamo padroneggiare,
con le sue più intime radici. Quel che ci appare per manifestazione
visibile è condotto e sorretto dall'invisibile; soltanto imparando
a conoscere tale invisibile potremo controllare il visibile. Ecco,
quindi, la ragione per cui la forza del pensiero è considerata la
trionfatrice di ogni oggettivazione materiale, e, con essa, gli
Adepti riescono a guidare il proprio destino e quello altrui, se
necessitanti a farlo. Ma, non si perda, mai, di vista lo sviluppo
armonioso di tale potere. Noi abbiamo parlato di Adepti. L'uomo
comune non può, ancora, con il pensiero, controllare le forze della
natura, come faceva Gesù, come faceva Mosè, ecc.. All'inizio,
innaffiando con le deboli energie che possiede il proprio giardino
psichico, imperlerà di rugiada i germi, che si svilupperanno in
saldo potere, un domani; imperlerà di rugiada l'individuo amato,
che fa parte del suo gruppo spirituale. Unirà le proprie forze al
fascio mentale di coloro che, nell'umanità, agiscono nella medesima
direzione, creando un vortice psichico comune, di grande aiuto alla
elevazione del genere intero.
Qualche
ipotetico studente potrebbe obiettare che i termini "mulaprakriti
e parabrahman" si riferiscono, nella letteratura e negli studi
sanscriti, alla materia primordiale, nei suoi aspetti; cioè, alla
base di ogni costrutto fisico ed energetico, di ciò che appare come
panorama di universi stellari e mentali. Che i due termini furono,
sempre, adoperati per indicare il primo emergere di un sistema
solare, nelle sue fondamenta originali. A questa obiezione, noi
contrapponiamo i due concetti, insiti nel significato del ciclo e
del principio della legge. Esiste una legge che si apre,
meravigliosa e totale, in ogni frammento dell'espressione, sia in
basso che in alto. Esiste un dualismo, che si riunisce nel trialismo
da noi analizzato nel paragrafo precedente, che è puramente
astratto. Chi conosce i termini di tale formula espressiva del
creato, non può - e ciò trapela anche nella più profonda
letteratura degli Adepti dell'Arcano - affermare che mulaprakriti e
parabrahman siano prerogativa delle Origini di un Cosmo e che,
identici, non appaiano nelle ulteriori fasi successive del suo
evolversi. Ogni piano ha tre aspetti: la materia densa, (materia),
la materia meno densa (spirito) e la coscienza che si sviluppa in
essi, a seconda dei rapporti di attrito che un determinato ciclo
impone a quei poli (anima). Come disse un Maestro dell'Occulto -
K.H. - "Esiste solo la materia, che perpetua sè medesima, nel
ritmo obbligato degli universi".
Focalizziamo,
quindi, l'attenzione nel bandolo che unisce i due opposti alla
manifestazione. Qual'è il terzo vertice del triangolo? Cos'è che dà
la libertà di decidere in che punto esistano i limiti della zona
dell'energia e lo strato della materia? Lo scienziato può chiamare
tale incrocio di entità: la macchina. Lo spiritualista può
affermare che si tratta della coscienza. L'iniziato dice essere la
volontà. Il Maestro raduna la coscienza, la strumentalizzazione
della medesima e la volontà, e determina il terzo fattore ai due
precedenti - spirito e materia - chiamandolo: giusta via di
mezzo, ciclo. Non esiste danzatore più armonioso di un Maestro,
nel ritmo sacro dei rapporti; non esiste cantore più delicato dello
stesso, il quale sappia afferrare le note discordanti di ogni
opposto, fondendole in un arpeggio, ove la soluzione è la miscela
adatta e trionfante. Tra l'essere ed il non essere, lo strato
dell'io penetra in un'alchimia di liquor-vitae, da cui
scaturisce la linfa della prosecuzione degli infiniti. Lo stato di
tensione del finito, è nell'animo dell'uomo che si allenta e
diviene infinito. Il nucleo di vita primordiale si rinnova,
continuamente, nella coscienza dell'iniziato. E solo un'anima pura,
figlia della sua epoca, figlia del retaggio di una lunga evoluzione
reincarnativa precedente, è ricca di ogni sfumatura necessaria per
divenire padrona dell'arcobaleno, che sprizza dalle ali luminose
dell'araba fenice, che rinnova sempre sè medesima dalle proprie
ceneri. Questa è la ragione per cui affermammo che, nella scienza
dei mantrams, tradizione ed originalità si fondono
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