I
processi del metabolismo alimentare e quello dei liquidi sono
diffusamente noti ma spesso viene invece ignorata l’esistenza di
un vero e proprio metabolismo elettrico. Ogni essere vivente si
carica negativamente mediante l’assorbimento di piccoli
ioni e questo processo è noto con il nome di
ossido-riduzione (indicante l’apporto di un elettrone). Tutti gli
organismi devono avere la possibilità di saturarsi di queste
cariche e di emanare costantemente all’esterno, attraverso la
pelle, l’elettricità eccedente. L’eliminazione di un elettrone
è nota con il nome di ossidazione. Questo movimento di elettroni
determina il “campo magnetico” individuale indispensabile
al mantenimento di una buona salute e tanto più idoneo a
tale scopo quanto più è in grado di un ricambio costante. E’
evidente per il metabolismo alimentare, quello dei liquidi e quello
respiratorio, che non si tratta soltanto di “far entrare” cibo,
bevande o aria, ma assolutamente anche di far uscire
dall’organismo gli elementi risultanti dalle trasformazioni dei
vari processi organici.
Altrettanto
allora potrà essere evidente che il campo elettrico di un organismo
sano non è una condizione statica ma assolutamente dinamica, in
rapporto di mutuo scambio con l’ambiente esterno. Questo va
ribadito perché non si crei la falsa immagine di una struttura di
nadi, meridiani e campo magnetico statica, chiusa in sé stessa, con
un potenziale, dalla nascita, grande o piccolo non
modificabile. Questa sarebbe un’immagine adeguata a
definire non tanto i percorsi della bioelettricità quanto la
condizione della statuina fosforescente che può divertire o
impressionare un bambino ma che è meno vitale di un fuoco fatuo.
In
un organismo vivente l’energia segue percorsi ben precisi, è in
costante movimento e la sua dispersione
è importante tanto quanto il suo assorbimento. Il campo magnetico
si evidenzia in maniera maggiore quanto più l’organismo avrà
avuto la possibilità di saturarsi: l’emanazione della quota
eccedente determina il campo elettrico, detto anche “difesa
superficiale” poiché agisce come barriera contro le aggressioni
patogene provenienti dall’esterno (clima, microbi).
La
dispersione elettrica è favorita dall’azione fotochimica dei
raggi solari ma è impedita dalla presenza di indumenti con effetto
isolante: ciò che dovrebbe accadere è una sorta di costante
ionoforesi cui l’organismo umano collegato al suolo sarebbe
sottoposto. In questa
condizione il flusso di elettroni tra cielo e terra (polo positivo e
polo negativo) trascinerebbe con sé una grande quantità di
elementi ionizzati con effetto ricostituente e vitalizzante. Peccato
che non se ne possa usufruire portando scarpe con la suola di gomma
ed indumenti sintetici! Poichè l’assunzione di integratori
non può essere in nessun modo sostitutiva di tale processo, se
proprio non vogliamo cambiare scarpe, potremmo rimediare
passeggiando, almeno una volta nella settimana, sull’erba o sulla
spiaggia, a piedi nudi.
Immerso
in questa dimensione di “interdipendenza” con l’ambiente, il
nostro corpo inizia ad apparirci con contorni più ampi.
Anche
la pelle non sarà più soltanto un tessuto che ci “contiene”
quanto un organo attivo. La sua funzione non si esaurisce infatti in
quanto depuratore, tramite il sudore, di parte delle scorie
accumulate o come mediatore della termoregolazione. La pelle può
assorbire grandi quantità di prana così come può restituire il
quantitativo in eccesso. Anche in considerazione di questo avremo
cura della sua igiene, tanto più che una buona doccia è in grado
di eliminare anche le cariche elettriche nocive accumulate in
ambienti malsani.
Così
come riusciamo a vedere noi stessi come organismi pranici,
altrettanto tutto ciò che ha una forma ci puo’ ora apparire come
“prana condensato”. Non possiamo pensare che le sostanze di cui
ci nutriamo abbiano una struttura diversa: infatti lo Yogi individua
il prana alimentare con il “sapore” del cibo. L’organo di
ricarica pranica in questo caso è la lingua che potrà
assorbire gli ioni vitali contenuti negli alimenti mentre si
indulge nella masticazione, prolungata finchè il bolo non sia
divenuto totalmente insapore.
Ma
l’organo principe dell’assorbimento pranico rimane il naso: come
è stato detto descrivendo i percorsi del sistema respiratorio, le
conche turbinate sono i recettori nervosi fondamentalmente
responsabili di questo processo. Situati all’apice del duomo
nasale, tali recettori
sono tappezzati delle sensibilissime terminazioni nervose proprie
della zona olfattiva.
Nella
vita animale gran parte dei comportamenti fondamentali (collegati
con la sessualità, l’aggressività, la paura) sono collegati con
l’olfatto e nell’essere umano tale cervello primitivo si
conserva sotto gli strati delle funzioni intellettuali.
Ancora
oggi avere “fiuto” è un sinonimo di “buon intuito” e ci
ricorda come tutta una serie di segnali passino al di sotto della
soglia del sistema “volontario”,
influenzando comunque le nostre scelte. Come la carica
ormonale emerge attraverso gli odori e ci lancia messaggi precisi,
altrettanto i profumi della natura sono indicativi di una maggiore o
minore pranizzazione dell’aria, stimolandoci automaticamente ad
espandere più o meno le nari. Nella pratica del pranayama è una
buona norma dirigere volontariamente il flusso dell’aria verso la
zona olfattiva (per aiutarsi si può immaginare di avere difronte un
fiore e di volerne
recepire il profumo) poiché è tramite quest’area delle
conche turbinate che gli ioni vengono assorbiti dalle zone
subcorticali del cervello, immergendosi nel flusso delle nadi Ida e
Pingala.
Gli
Yogi, osservatori dalla
rara sottigliezza, avevano notato tra l’altro che, nonostante la
pratica di Jala Neti (la purificazione delle narici) non sempre si
respira con entrambe le narici. Con un intervallo abbastanza
regolare avviene un automatico parziale bloccaggio di una delle due
narici, a favore dell’altra. Ciò indica che l’organismo
si ricarica avendo cura di mantenere inalterato l’equilibrio tra
il polo fisiologico positivo e quello negativo, emergenti proprio a
livello delle narici nella nadi solare e in quella lunare.
Visualizzando
il processo respiratorio in questa maniera sarà senz’altro più
intensa l’efficacia di pratiche come Nadi Shuddi o Surya Bedhana.
Nadi
Il
prana nell’organismo è
responsabile della buona condotta di tutti
i processi biochimici ed è ormai chiaro che la gran quantità
di elementi chimici presenti nel sangue sarebbe biologicamente
inerte se non fosse ionizzata dal prana. Quegli stessi elementi
pranizzati sono presenti anche nel liquido linfatico ed, attraverso
il processo del trofismo, in ogni organo, tessuto e cellula del
corpo umano. Di conseguenza appare evidente che la mappa della
trasmissione di bio-energia segue
il percorso di tutti i fluidi e di tutte le membrane
del corpo umano: tutti questi percorsi, sommandosi e
sovrapponendosi finiscono
per far emergere ai nostri occhi delle linee di scorrimento precise,
come linee di forza privilegiate dal passaggio panico. Sono le nadi
il cui numero nella tradizione Yoga è simbolico e sta per
“infinità”, ma che è sicuramente riassumibile in un numero
meno vertiginoso di linee di scorrimento energetico. Di fatto le più
recenti mappe sono chiaramente e semplicemente organizzate, mentre
le più antiche sono di una scoraggiante complessità.
Abbiamo seguito il percorso delle tre nadi fondamentali Ida,
Pingala e Sushumna nello Shat Chakra Nirupana
dello Sri Tattva Chintamani ma non tutti i testi si esprimono
nella stessa maniera. Rispetto al tragitto anatomico delle nadi non
tutti gli autori sono concordi nel collocare Sushumna “nella”
colonna vertebrale: alcuni la descrivono parallela, altri come terza
via che si manifesta o meno a seconda di come scorre l’energia in
Ida e Pingala.
Ciò
che appare certo è che le nadi non si possono confondere con alcuna
struttura grossolana. Pur seguendo tragitti paralleli “le nadi non
sono né arterie, né vene né nervi”, e sarebbe assolutamente
limitativo volerne costringere il tragitto “entro” qualsiasi
tipo di canale poichè è il prana stesso che nel corpo umano genera
vie proprie là dove scorre.
Da
quanto ci assicurano le Upanishad poi, non sarà mai la struttura
grossolana il presupposto di quella energetica ma, al contrario,
“sulla” struttura energetica, come la trama sull’ordito, potrà
organizzarsi la materia fisica.
Meridiani
energetici
Prana,
Qi, Ki sono sinonimi che dall’India alla Cina, al Giappone
individuano lo stesso concetto di “soffio vitale”.
La
tradizione Yoga parla di 72.000 nadi che si sviluppano attraverso
tutto l’organismo umano in una fittissima rete che assicura la
distribuzione dell’energia vitale fin nei più reconditi recessi.
Lungo il percorso di ciascun meridiano si aprono numerosi punti di
comunicazione interno-esterno equivalenti a piccoli chakra in grado
di mantenere un ricambio costante delle energie praniche: si tratta
del metabolismo energetico, in termini di assorbimento ed
espulsione, che determina, se ben funzionante, l’ equilibrio
dinamico delle energie vitali.
E’
questo un aspetto da tenere ancora ben presente: l’equilibrio
delle energie non è statico, la vita e la salute dipendono dal
mantenimento del corretto movimento, della giusta dinamica nella
circolazione pranica. Infatti, pur sostanziando tutto l’organismo
umano dall’inizio alla fine della sua esistenza, l’energia
vitale si attiva nei meridiani in maniera
più o meno intensa nell’arco della giornata con una
cadenza precisa che segue i ritmi circadiani.
Solo
questo dato è sufficiente a farci capire quanto non sia possibile
analizzare l’organismo umano in maniera separata ed astratta da un
fitto sistema di interazioni che si sviluppano dall’ambiente
familiare all’ecosistema, fino
a collocare l’individuo al centro di
una rete di collegamenti
psichici ed energetici che comprende l’intero universo.
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