Siamo
ormai abituati a vedere i testimoni di Geova, soprattutto nel corso
dei fine settimana, girare fra le vie di città e paesi con la
tradizionale cravatta e l’immancabile valigetta. Spesso ci
mostriamo indispettiti dalla loro insistenza per scambiare qualche
parola con noi, ma ben poco conosciamo di loro. Fino ad anni
recenti, la storia dei testimoni di Geova ruota attorno ad una serie
di date previste per la fine di questo mondo, annunciate e in
seguito smentite, così che M. James Penton, il maggior storico dei
testimoni di Geova, non senza una nota di umorismo, ha intitolato la
sua opera principale Apocalypse Delayed, cioè
“L’Apocalisse rinviata”.
Ora
– come diremo – Per
tutta la sua vita il fondatore, Charles Taze Russell (1852-1916),
fece riferimento al 1914 come data prevista per la fine visibile di
questo mondo. Egli si riallacciava alla data-chiave del 1874, in cui
la tradizione cristiano-avventista poneva l’inizio dei
quarant’anni di preparazione per la fine del presente ordine di
cose, atteso appunto per il 1914. Tale costruzione subì un colpo
durissimo in questo stesso anno, quando la fine di questo mondo non
si verificò. Il fondatore allora annunciò che la Prima Guerra
Mondiale era “l’inizio della fine”, ma in realtà nei molti
suoi scritti egli aveva previsto cose maggiori che una guerra.
Il
suo successore, Joseph Franklin Rutherford (1869-1942), si trovò di
fronte a questo problema, ma dimostrò fin dall’inizio della sua
presidenza una grande energia. Offrì ai suoi seguaci due nuove
date, il 1918 e il 1920, che poi furono smentite, e ripropose nuovi
calcoli annunciando a gran voce, attraverso una grande campagna
mondiale, la fine di questo mondo per il 1925. Ma anche in questa
data non accadde nulla e la nuova delusione fu ancora più grave
della prima. Il movimento riuscì però a salvarsi in quanto
Rutherford sostituì alla struttura piuttosto elastica ideata dal
fondatore una rigida gerarchia basata su un’obbedienza quasi
militare, detta “teocrazia” (governo di Dio e dei suoi
rappresentanti). Il secondo presidente, gradatamente, tolse dalla
circolazione gli scritti di Russell, modificò tutto il sistema di
date, e cercò di risolvere il problema posto dal 1914 affermando
che in quell’anno qualcosa si era realmente verificato: Cristo
sarebbe venuto sulla terra, ma non visibilmente, piuttosto in
maniera invisibile. Quindi Rutherford mise da parte la data della
tradizione cristiano-avventista (il 1874), in cui Russel aveva
previsto – come abbiamo accennato – l’inizio dei
quarant’anni di preparazione per la fine di questo mondo e
annunciato il ritorno invisibile di Cristo.
Il
terzo presidente, Nathan Homer Knorr (1905-1977), si lasciò indurre
ad annunciare un nuova data per la fine del mondo, il 1975, anno in
cui – secondo i suoi calcoli – sarebbero scaduti seimila anni
dalla creazione di Adamo. Memore delle precedenti delusioni, si
mosse con maggior circospezione rispetto ai suoi predecessori, ma
non riuscì ad evitare critiche e problemi.
Frederick
Franz (1893-1992), che successe a Knorr, nel 1980 dovette affrontare
una grossa crisi in quanto un gruppo di dirigenti propose una
revisione dottrinale, tornando di nuovo sulla questione del 1914. La
tesi tradizionale, affermatasi da Rutherford in poi, riteneva che la
fine visibile di questo mondo si sarebbe dovuta verificare quando
sarebbe stata ancora in vita almeno una persona che era “viva e
cosciente” nel 1914 (l’anno in cui secondo i testimoni di Geova
si sarebbe verificata la venuta invisibile di Cristo). In Matteo
24,34 leggiamo: “In verità vi dico: non passerà questa
generazione prima che tutto questo accada”. La generazione di
cui parla Gesù, secondo l’interpretazione che davano i testimoni
di Geova, è quella del 1914 e il “tutto questo” non
sarebbe altro che la fine del mondo. Questa dottrina si è rivelata
rischiosa, in quanto – come è naturale – il numero di persone
già nate nel 1914 con il passare degli anni è destinato a calare
sempre più. Così, il Corpo Direttivo che guida i testimoni di
Geova – oggi presieduti da Milton G. Henschel – se in un primo
momento non sembrava intenzionato ad apportare modifiche sostanziali
alla stessa, oggi ha di fatto attuato una vera e propria
“rivoluzione dottrinale”. Si può notare così l’effettiva
realizzazione di quanto nel 1989 scriveva Massimo Introvigne facendo
il punto della situazione sulla questione del 1914: “Quanto alle
date, i capi dei testimoni di Geova hanno ormai una lunga esperienza
che ha insegnato loro come, senza troppi danni, si può sempre
‘rinviare l’Apocalisse’” (Le sètte cristiane: dai
testimoni di Geova al Reverendo Moon, p. 61).
Tra
il 1994 e il 1996 è così venuta meno la dottrina del 1914. Questo
ha portato a dire che il Corpo Direttivo aveva capito male e che la
data della fine del mondo non è ancorata al 1914. La verità
dell’attesa starebbe nel fatto che l’ansia escatologica ha
comunque un valore, e che la fine è “prossima”, ma se
“prossima” vuol dire fra dieci, cinquanta o trecento anni Geova
non lo ha ancora rivelato. Si deve notare che, mentre in vista del
2000 si era scatenata in alcuni ambienti, soprattutto del
protestantesimo americano, un’attesa escatologica, i testimoni di
Geova avevano comunicato che la data del 2000 per loro sarebbe stata
irrilevante.
La
svolta dottrinale sulla questione del 1914 ha avuto importantissime
conseguenze sociologiche: se si pensava che la fine del mondo fosse
imminente non aveva senso coltivare studi superiori o cercare forme
di accomodamento con la società. Se la fine del mondo è sempre
imminente, ma si potrebbe dire “vagamente” imminente e
non se ne conosce la data, vale la pena di occuparsi del futuro
prossimo per se stessi e per i figli. Pertanto è cambiato
l’atteggiamento nei confronti dell’educazione superiore e oggi
molti testimoni di Geova mandano i figli all’università (se lo
fanno meno di altri è perché molti testimoni di Geova sono poveri
e appartengono alle classi più basse della società, a differenza
– per esempio – dei mormoni). I testimoni di Geova che hanno
frequentato l’università, mentre un tempo erano guardati con
sospetto, sono oggi – se non dirigenti – almeno ascoltati
consiglieri dei dirigenti (questo sviluppo si nota in particolare
negli Stati Uniti e in Francia, non ancora in Italia).
La
“rivoluzione dottrinale” ha poi un’altra importante
conseguenza: se la fine del mondo è “vagamente”
imminente per i testimoni di Geova si rivela opportuno tentare un
accomodamento con gli Stati. Di qui l’enorme importanza attribuita
dalla dirigenza di Brooklyn all’intesa con lo Stato italiano, dato
che l’Italia è il paese occidentale con la più alta percentuale
di testimoni di Geova e anche quello in cui, per la prima volta in
Europa, il governo ha sottoscritto (il 20 marzo 2000, su testo del
18 novembre, approvato a maggioranza dal Consiglio dei Ministri il
21 gennaio) ciò che – nel sistema italiano – è molto più di
un semplice riconoscimento e consente – in prospettiva – il
sostegno dei contribuenti attraverso l’otto per mille delle loro
tasse. In tale ottica è importante anche la transazione con la
Bulgaria (1998), dove, certamente solo per questo paese, ma ciò
potrebbe costituire un precedente per altri, i testimoni di Geova
fanno concessioni notevolissime in tema di trasfusione di sangue.
Inoltre, talvolta i testimoni di Geova presenziano ad incontri
internazionali: per esempio hanno status di NGO
(organizzazione non governativa riconosciuta) presso l’OSCE
(Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), cosa
impensabile fino a qualche anno fa e, seppure fra alti e bassi,
cresce la collaborazione con gli studiosi delle nuove religioni.
C’è
infine un secondo aspetto di notevole innovazione, che è comunque
sempre conseguenza, seppure indiretta, del nuovo atteggiamento verso
la società, causato a sua volta dalla rivoluzione dottrinale di cui
si è detto. I testimoni di Geova, parlando del destino dell’uomo,
distinguono rigorosamente due categorie: gli “unti”, in
numero chiuso di 144.000 e le “altre pecore”. Solo i
primi sono destinati a regnare in cielo con Geova, le “altre
pecore” vivranno per sempre su una terra paradisiaca. Quindi, non
tutti i testimoni sono “unti”, ma solo un piccolo numero. Tutti
possono dichiararsi “unti”, purché si sentano tali attraverso
una sorta di parola interiore e lo dichiarino, ma poiché dirsi tali
senza esserlo realmente è ritenuto un peccato gravissimo, molti
scrupoli trattengono la maggioranza dei testimoni di Geova dal
farlo. Solo che si è dichiarato può far parte del Corpo Direttivo;
un “resto degli unti” resterà inoltre a governare le “altre
pecore” durante il Millennio. L’anno 1918 è una data
fondamentale per gli “unti”: Gesù, presente dal 1914 in maniera
invisibile sulla terra, dopo quattro anni trascorsi purificando
l’organizzazione dei testimoni di Geova, entra in gloria nel suo
tempio in cielo, e porta con sé, dotandoli di un “corpo
spirituale”, quelli che fra i 144.000 erano morti prima di
quell’anno. Da allora gli “unti” che muoiono sono subito
dotati di un corpo spirituale e vanno a raggiungere i loro compagni
in cielo. Il frutto indiretto della “rivoluzione dottrinale”
consiste nel ruolo sempre maggiore attribuito alle “altre
pecore” rispetto agli “unti”. Rimane fermo il fatto che per
accedere al Corpo Direttivo bisogna essere “unti”, ma in pratica
gran parte del potere è in mano ai nuovi “assistenti del Corpo
Direttivo” (che non sono “unti”). Coloro che si
dichiarano “unti” sono sempre meno
– il numero di 144.000 è quasi completato anche sarebbe
possibile sempre dire che alcuni che si erano dichiarati “unti”
in passato hanno mentito, si sono sbagliati o hanno apostatato – e
non è detto che siano i più adatti a rivestire ruoli dirigenziali.
Per gestire una comunità di 6.035.564 persone, presente in 235
paesi con 91.487 congregazioni (“Rapporto mondiale dei
testimoni di Geova per l’anno di servizio 2000, in “La Torre
di Guardia. Annunciante il Regno di Geova”, 1° gennaio 2001;
se si contano i presenti alla Commemorazione annuale della Cena del
Signore il dato sale a 14.872.086 persone) una laurea in legge o in
economia si sta rivelando più adatta di un’esperienza interiore
che ha indotto a proclamarsi “unto”.
Dopo
la rinuncia alla dottrina del 1914, l’apertura del Corpo Direttivo
ai non “unti” potrebbe essere in un futuro più o meno
prossimo la seconda grande rivoluzione storica dei testimoni di
Geova. Si confermerebbe così un processo weberiano di routinizzazione
del carisma che, come per i mormoni, porterebbe i testimoni – pur
mantenendo dottrine lontanissime dalla maggioranza dei cristiani –
a integrarsi maggiormente nella società circostante, passando da
“setta” (nel senso weberiano del termine) a “denominazione”.
Il problema della trasfusione di sangue esiste (come quello della
diffidenza per la medicina ufficiale nella Christian Science),
ma non dovrebbe ormai essere sopravvalutato, dal momento che anche
nel mondo medico – per ragioni che non hanno nulla a che fare con
i testimoni di Geova – si va diffondendo l’idea di proporre
terapie alternative.
I
testimoni di Geova in Italia
Alcuni
dati statistici
Dal
“Rapporto mondiale dei testimoni di Geova per l’anno di servizio
1998” e per l’anno 2000
“La
Torre di Guardia. Annunciante il Regno di Geova”,
1° gennaio 1999 e 2001
|
1998
|
2000
|
Popolazione
|
57.495.656
|
57.679.0955
|
Massimo
proclamatori
|
232.145
|
228.778
|
Proporzione
un proclamatore su:
|
248
abitanti
|
252
abitanti
|
Media
proclamatori :
|
224.504
|
225.748
|
Percentuale
aumento rispetto all’anno precedente:
|
2%
|
0%
|
Numero
battezzati:
|
7.809
|
5.668
|
Numero
di congregazioni:
|
3.032
|
3.024
|
Totale
ore:
|
52.043.180
|
48.108.731
|
Presenti
alla Commemorazione della Cena del Signore:
|
385.387
|
406.676
|
|