Il
mito è una narrazione simbolica di carattere sacrale che, in
tempi e culture diverse, ha come personaggi divinità, eroi,
antenati, mostri o animali e insieme con il rito costituisce un
momento fondamentale dell'esperienza religiosa e tende a soddisfare
il bisogno di fornire una spiegazione a fenomeni naturali o a
problemi religiosi.
La
parola mito deriva dal greco mythos che significa parola,
discorso, racconto, mentre la parola mitologia designa l'insieme dei
miti tramandati da un popolo ma anche gli studi scientifici sul mito
stesso.
Il
Mito e le sue definizioni
Il
mito come narrazione
"Studiato
dal vivo, il mito non è una spiegazione che soddisfi un interesse
scientifico, ma la resurrezione in forma di narrazione di una realtà
primigenia, che viene raccontata per soddisfare profondi bisogni
religiosi, esigenze morali, esso esprime, stimola e codifica la
credenza; salvaguardia e rafforza la moralità; garantisce
l'efficienza del rito e contiene regole pratiche per la condotta
dell'uomo. Il mito è dunque un ingrediente vitale della civiltà
umana; non favola inutile, ma forza attiva costruita nel
tempo".
- (Bronislaw Malinowski)
Il mito è in primo luogo la più ricca fonte di informazioni della
storia umana, esso può essere considerato un racconto sacro che
svela dei misteri e che dà la risposta a molti interrogativi degli
uomini, come sono nati l'universo e l'uomo, come hanno avuto origine
gli astri e la terra, le piante e gli animali e spiega come si sono
formate le società civili con l'aiuto degli eroi.
Il
mito è dunque il discorso, la storia che si è narrata sulla
esistenza di esseri antropomorfi, immortali ed onnipotenti, che
vissero avventure e compirono azioni fantastiche interessandosi a ciò
che avveniva tra i mortali e modificandolo con il loro intervento.
Creazioni,
dunque, nate dal genio primitivo che possiamo intendere come la
trasfigurazione poetica di avvenimenti reali del mondo della natura
o di quello delle prime società umane.
Di
fronte all'uomo primitivo la natura, la vita, la storia e tutto ciò
che lo circonda, appare come un turbinio di immagini senza senso e
il mito diventa quindi un modo per ordinare e conoscere la propria
realtà.
Egli
non conosce le leggi che governano la natura, le cause della vita e
della morte, del bene e del male, non comprende i motivi storici che
hanno determinato la condizione del suo popolo e davanti a questo
universo di immagini incomposte, che la natura e la vita gli
propongono ogni giorno, rischia di perdersi, di cadere preda
dell'ansia e della paura e, solo attraverso i miti,egli trova il
senso della realtà, costruisce l'ordine di quelle immagini,
altrimenti incomprensibili.
Solo
i miti gli rivelano l'ordine profondo che regola la vita e la morte,
i successi e le sconfitte, l'estate e l'inverno, tutto ciò che è
accaduto e che accadrà.
Il
mito è il bisogno di spiegare la realtà, di superare e risolvere
una contraddizione della natura, è spiegazione di un rito, di un
atto formale che corrisponde ad esigenze della tribù, è struttura
delle credenze di un gruppo, di un etnos.
Ma
come dice la parola il mito è soprattutto un racconto dove c'è una
storia da presentare, che ha dei lati terribili, ma anche spesso dei
risvolti patetici dove ci sono dei personaggi in azione e una trama
che si snoda.
I
miti appartengono alla tradizione orale di un popolo e nell'antichità
venivano raccontati presso gruppi umani che non conoscevano la
scrittura e solo in seguito raccolti e trascritti.
Miti
simili in popoli diversi
Molti
miti si assomigliano anche se appartengono a popoli vissuti in
epoche diverse e in luoghi molto lontani.
In
alcuni miti dell'America si raccontano storie uguali a quelle di
altri miti dell'Asia o dell'Africa o dell'Europa. Cambia il nome dei
personaggi, cambia l'ambiente geografico, cambiano altri particolari
ma l'intreccio e il significato delle storie restano gli stessi.
In
certi casi si può supporre che,miti simili tra di loro, siano nati
da un unico racconto, diffuso in luoghi diversi e lontani da
viaggiatori e mercanti. Ma a questa ipotesi si fa un'obiezione: ci
sono dei popoli che sono vissuti completamente isolati da altri
popoli, eppure hanno prodotto gli stessi miti e questo porta alla
conclusione che essi siano nati in modo autonomo.
La
somiglianza di miti tra di loro potrebbe essere spiegata con il
fatto che certe intuizioni e certe esperienze sono così comuni fra
gli uomini che essi, pur non conoscendosi, le esprimono con le
stesse immagini e le stesse invenzioni.
Si
può anche pensare che certi miti siano nati da un avvenimento
storico e chi si spostava da un paese all'altro, raccontava fatti
veramente accaduti che venivano poi tramandati, di luogo in luogo,
in forme diverse.
Si
nota soprattutto che anche se si differenziano profondamente i
costumi, le lingue e spesso anche le religioni, la memoria degli
uomini ha conservato spesso inalterato il ricordo mitico.
Certo
il mito può variare nel corso della storia, diffondendosi in
regioni sempre più lontane, alcune sue parti possono essere
dimenticate, la fantasia del narratore ne può aggiungere delle
altre, può succedere che più miti vadano a fondersi in un unico
racconto, ma ciò che importa è che alcune situazioni, alcuni
personaggi, rimangono sempre costanti.
Più
che di un mito dobbiamo quindi spesso parlare di varianti del mito e
la variante è appunto il modo in cui ogni popolo racconta uno
stesso mito.
Il
tempo del mito
Il
tempo del mito è assai vicino a quello della fiaba, come le fiabe
iniziano con il loro "c'era una volta", così molto spesso
i miti iniziano con espressioni come : "in illo tempore",
"in origine", "quando ancora non c'era tempo".
L'"illo
tempore" del mito non è un tempo qualsiasi, che si colloca in
un qualche momento, seppur lontano, della durata storica, l' illo
tempore è un attimo sacro, che abbraccia le età più lontane,
il mondo presente e il futuro.
Per
il mondo mitico vi è solo un tempo, "quel tempo",
appunto, quello in cui accadde il mito.
Questo
è il primo carattere del tempo mitico: esso è eternamente
presente.
Tanti
sono gli esempi che si possono proporre: il mondo sorse dalle acque,
ebbene, ogni volta che qualcosa di nuovo viene al mondo il mito
delle acque primordiali si ripete, il passato diventa presente, ciò
che accadde accade ancora. Le città si fondano vicino ad una
sorgente, i bambini appena nati si abbandonano lungo un fiume, una
nuova vita si acquista con il battesimo, il mondo ri-nasce dopo il
diluvio universale.
Il
mito narra di un antico antenato lupo che in "illo tempore"
spadroneggiava nella foresta, piegando gli uomini e gli animali alla
sua volontà e ciò accadde in "illo tempore", ma può
accadere ancora ogni volta che un uomo assume le sembianze del lupo,
vive per un certo tempo come un lupo, mangia come un lupo, entra
nella sua tana.
Il
mito antico diventa un modello, un esempio da seguire, da imitare ed
il tempo mitico è reversibile, può tornare ogni volta che l'uomo
segue quel modello.
Altri
esempi si possono trarre dal mondo mitico degli agricoltori: ogni
anno, alla fine dell'inverno, il dio morto risorge portando con sé
sulla terra la primavera, ogni anno il mito originario si ripete.
Il
tempo mitico è dunque anche un tempo ciclico, dove tutto si ripete,
dove il futuro ricalcherà le orme del passato.
Attraverso
il mito l'uomo primitivo acquista così fiducia e sicurezza per il
futuro e sa come si dovrà comportare in esso, perché lo apprende
dal passato, da ciò che è stato e sarà ancora.
Il
tempo del mito è un tempo sacro, un tempo in cui si ripetono gli
eventi secondo l'ordine sacro in principio stabilito dagli dei e non
è un caso se possiamo ancora constatare nella lingua latina una
parentela, non diretta, fra la parola "tempus" e la parola
"templum", il luogo sacro dove si celebravano i riti.
Lo
spazio del mito
Lo
spazio del mito non è omogeneo, non è tutto uguale. Al centro del
mondo di solito si trova un luogo sacro, una montagna, un totem.
Questo
luogo è sacro perché costituisce la via di comunicazione fra
l'uomo e dio. Ma anche lo spazio su cui sorgono i templi, è sacro e
sacro è ogni luogo, ogni albero, ogni pietra, ogni acqua, in cui
una volta, in "illo tempore", si manifestò la presenza
divina.
Lo
spazio del mito appare, così, profondamente disomogeneo, ineguale.
Solo alcuni luoghi sacri interrompono lo spazio profano, comune,
sono quegli spazi che i miti hanno fondato come diversi, in
cui bisogna comportarsi in maniera diversa.
Spesso
solo i grandi sacerdoti, coloro che sono in contatto con gli dei,
possono entrare in quegli spazi, in ogni caso nessuno può entrarvi
se macchiato di una colpa.
I
Greci e i Romani erano soliti aspergersi d'acqua, che nel linguaggio
del mito vuol dire purificarsi nel corpo e nell'anima, prima di
entrare nei loro templi, per non portare nel luogo sacro alcun
residuo del mondo profano.
Questa
concezione di spazio disomogeneo ed ineguale non è limitata alla forma
mentis dei popoli primitivi, infatti, ancora nelle comunità
contadine del medioevo se ne può trovare il riflesso, ad esempio
nella normativa giuridica.
Le
pene previste per chi compiva un reato dentro le mura del villaggio
erano superiori, a volte doppie, rispetto alle pene previste per lo
stesso reato perpetrato fuori le mura. Se poi il reato era portato a
termine fuori dei confini del comune il colpevole era spesso
sollevato da ogni pena.
Il
centro del villaggio è il luogo, quindi, di massima sacralità,
sacralità dello spazio che diminuisce man mano che ci si allontana
dal centro, fino al mondo profano che si estende al di là dei
confini.
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