-
Il
contesto
-
Argomento
tra i più complessi, vero campo minato per chi, incautamente, si
appresti ad entrarvi, la cosmologia egiziana (e la cosmologia in
genere) riveste comunque un’importanza non certo di poco conto
specie se vista come terreno fertile da cui può trarre nutrimento
la pianta dell’Astrologia.
Le
limitate conoscenze sia in materia geografica che astronomica
costringevano i popoli dell’antichità a sviluppare una concezione
cosmologica basandosi più che altro su ciò che avevano a portata
di mano.
Sapere
quindi come gli antichi concepivano il mondo che li circondava è di
estrema importanza per la comprensione di questo ‘terreno’.
Ovviamente
ogni popolo aveva la sua concezione cosmologica.
Per
quanto riguarda gli Egiziani, sappiamo che essi (contrariamente al
nostro modo di vedere) si orientavano verso Sud, cosicché l’Ovest
era a destra e l’Est a sinistra (stessa visuale che abbiamo in
Astrologia!): in tal senso, alle spalle (e comunque ‘sotto’)
avevano il Mediterraneo, mentre davanti si trovavano la pianura
alluvionale del Delta del Nilo, larga 290 km e lunga 180, solcata
nell’antichità da dodici diramazioni; di qua e di là dal Nilo vi
era uno stretto corridoio di terra coltivabile largo circa 30 km e
che si estendeva per 1006 km verso Sud fino alla prima cateratta di
Assuan (Siene); in questo punto si aveva quella che era la
delimitazione storica dell’Egitto, la cosidetta Porta del Sud (una
barriera fluviale naturale di granito in affioramento), oltre la
quale si estendevano i territori della Nubia e del Sudan.
Il
contrasto di colore che veniva a crearsi fra la terra coltivata
degli argini del Nilo e quelli che erano i confinanti deserti, fece
sì che gli Egiziani distinguessero due zone chiamate Terra Nera e
Terra Rossa: l’Egitto vero e proprio era la Terra Nera, o Kemet;
tutto il resto, cioè quei luoghi non compresi nella Valle del Nilo,
passava sotto il nome di Khast, o ‘paese montagnoso’.
Dice
Lord J. M. Plumley (docente di egittologia all’Università di
Cambridge): "…la scrittura geroglifica del nome di un
territorio straniero era di solito accompagnata da un segno
determinativo che rappresentava una linea di colline o di montagne.
Gli Egiziani furono sempre consapevoli che per uscire dall’Egitto
bisognava letteralmente risalire a piedi la Valle del Nilo e
addentrarsi nelle colline che la delimitavano" (da "La
cosmologia dell’antico Egitto", in "Antiche
Cosmologie", ed. Astrolabio, Roma, 1978).
Non
sorprende quindi che, con una così scarsa conoscenza dei territori
diversi dai loro, gli Egiziani, e comunque i primi artefici delle più
antiche concezioni cosmologiche egiziane) traessero ispirazione, per
la loro visione del mondo, unicamente dalle condizioni fisiche e
geografiche della Valle del Nilo. Di conseguenza (ed eccoci a quella
che può essere considerata la prima immagine del mondo così come
essi la concepivano), per gli antichi abitatori della Valle, il
mondo altri non era che un ammasso di terra diviso nel mezzo dal
Nilo e circondato dalle acque, cioè dal Grande Oceano Circolare,
opera di NUN, il primo degli Dei (Okéan, associabile al Titano
Oceano); sopra tale ammasso di terra, o isola pianeggiante, era
sospesa la volta celeste, sorretta da quattro pilastri agli angoli
della Terra (talvolta questi pilastri venivano identificati con dei
pali, o rami biforcuti, o ancora con delle montagne).
Tale
volta celeste, dapprima, era vista come un qualcosa di fisso, come
un lastrone piatto su cui si incastonavano, a mo’ di pietre
preziose, le stelle, a anche: "Gli egizi credevano che le
stelle fossero dei fuochi le cui emanazioni si formavano e salivano
dalla terra…" (Giorgio Abetti, Storia dell’Astronomia, ed.
Vallecchi, Firenze, 1949).
Col
tempo, ad un numero sempre più crescente di osservatori del cielo,
apparve invece evidente che le stelle erano in movimento. Altresì,
la continua osservazione del variare delle stagioni fece notare come
alcune configurazioni stellari finissero sotto l’orizzonte,
restando praticamente invisibili per lungo tempo prima di ritornare
ad occupare il cielo notturno.
Tali
osservazioni fecero sì che gli Egiziani si accorgessero della
comparsa, in concomitanza con l’inizio dell’inondazione annuale
del Nilo (giugno-luglio, e che raggiunge il suo culmine in
settembre-ottobre), di una stella assai brillante (23 volte
superiore alla luminosità del sole!), cioè Sirio, l’alfa del
Cane Maggiore, che essi chiamavano Sept (grecizzato Sothis). Dal
momento della sua comparsa, cioè dal mattino in cui, per pochi
istanti, la si poteva vedere all’orizzonte prima che il bagliore
solare la facesse sparire, si contavano i giorni di un anno assai più
preciso (rispetto alle stagioni) di quello civile adottato per
ragioni pratiche: in tal modo era prevedibile, con sicurezza
matematica, l’inizio della piena in ogni punto della Valle, così
da regolare le colture e i raccolti!
Tutto
questo portò gli Egiziani a considerare veramente il cielo come un
qualcosa di vivo, e le stelle come esseri viventi; anzi, l’intero
universo era un’entità vivente, e come tale doveva pur aver avuto
un inizio, anche se risultava inconcepibile, agli antichi abitatori
della Valle del Nilo, immaginare un tempo in cui non esisteva
"qualcosa" (questo ci porta a considerare che, forse, la
"filosofia" egizia era incentrata su un "eterno
presente").
I
Miti Cosmogonici
Secondo
i vari miti egizi legati alla creazione, e in special modo le
cosmogonie di Ermopoli, Eliopoli e Menfi, considerate le più
importanti, questo "qualcosa" era rappresentato da un
Abisso primordiale di acque, distesa che è "nell’infinito,
il non essere, il nulla e l’oscurità" (Libro dei Morti), un
qualcosa privo di confini, esteso ovunque, e che veniva
personificato, come già abbiamo visto, dal dio NUN, talvolta
rappresentato come una figura maschile immersa nell’acqua fino
alla vita e con le braccia sollevate per reggere la barca del Sole.
Quindi,
quello che è il principio fondamentale della cosmologia egizia
sembra costituito dalle Acque Primordiali, sempre esistite e che
dureranno in eterno.
Possiamo
aggiungere che per gli antichi Egizi il mondo (il loro mondo) era
una cavità che galleggiava nel centro di queste Acque Primordiali,
una specie di bolla d’aria circondata dalla distesa di NUN: in tal
senso, i mari, i fiumi, i torrenti, le acque, i pozzi, la pioggia,
erano considerati parte delle Acque Primordiali.
Così
come per altri popoli del luogo (si veda gli Ebrei), anche per gli
Egiziani vi era un firmamento che divideva le acque soprastanti da
quelle sottostanti.
Nel
corso del tempo, varie trasformazioni a base religiosa, politica,
economica, inserirono nella cosmologia egizia elementi sempre più
"sofisticati": ad esempio, nella cosmogonia di Ermopoli
(nome greco della città sacra a Thot, appunto considerato l’Ermes
egizio, cioè Khnum, che vuol dire "Città delle Otto";
consideriamo che Khnum è anche il nome della divinità dalla testa
di montone, signore dell’acqua fredda e della cascata di Assuan,
regolatore degli straripamenti del Nilo) le quattro caratteristiche
delle Acqua Primordiali, e cioè "profondità",
"oscurità", eternità" e "invisibilità",
erano personificate da otto esseri, o otto divinità (ogdoaidi): in
pratica, ognuna di queste caratteristiche era rappresentata da una
figura maschile e da una femminile: Nau e Naunat (profondità), Kuk
e Kukwet (oscurità), Hu e Hauhet (eternità), Amun e Amaunet
(invisibilità); le femmine con testa di serpente, i maschi con
testa di rana.
Tali
divinità formavano la parte primordiale dell’"essere in sé",
rappresentavano cioè l’uovo primordiale da cui uscì il primo
essere. Thot (Tahuti), come Khnum rappresentato con la testa di
montone, era considerato il capo di queste otto divinità; in
seguito gli venne attribuita l’invenzione della scrittura e fu
visto come il depositario di tutto il sapere umano, nonché maestro
di Hike, la "magia".
Sempre
nella cosmogonia ermopolita si dice che il creatore del mondo, sotto
l’aspetto di un bambino, sia scaturito fuori da un fiore di loto i
cui petali si aprirono quando terminò l’oscurità primordiale:
era, questo bambino, il sole, ed è per questo che, alla fine della
giornata, il loto chiude i suoi petali, come a proteggere il sole
durante il suo cammino nell’oscurità. Circa verso il 2200-2000
a.C., la cosmologia di Ermopoli si mescolò (caso frequente dovuto
anche a motivi politici) con quella di Eliopoli (cioè Annu, in
greco Heliopolis, la On della Bibbia; letteralmente "Città del
Sole"), il cui dio-creatore era Atum (Ra-Atum): qui si dice che
dalle Acque Primordiali sia emerso Atum (il "Tutto" o il
"Perfettissimo", antico dio di Eliopoli, fin dalla IV
dinastia associato a Ra) sotto forma di "collina" (da
notare che nell’ecosistema della Valle del Nilo, le
"colline", cioè quei monticelli di terra fertile che
comparivano regolarmente nel fiume quando le acque
dell’inondazione si erano ritirate, avevano un ruolo
importantissimo in funzione dello sviluppo della vita, sia animale
che vegetale).
Poi,
si dice, Atum trasse dalla sua persona (vomitandole) le due divinità
Shu (o Skhw, associabile al Titano Ceo, il Cileo, l’Aria) e
Tenefet (o Tefnut, associabile a Diana, la rugiada, la pioggia).
Shu
e Tenefet generarono Geb, dio della Terra, e Nut, dea del Cielo; si
dice che in principio fossero, Geb e Nut, cioè la Terra e il Cileo,
allacciati in uno stretto abbraccio, ma il padre Shu li separò
sollevando in alto Nut affinché formasse l’arco del firmamento, e
lasciando suo figlio Geb sdraiato sulla schiena così che diventasse
la Terra; Shu rimase poi tra loro per fare da Aria tra Cileo e
Terra. Interessante notare come la nascita di Shu e Tenefet avvenga,
come detto, tramite una espettorazione dalla bocca di Atum: il nome
Shu è legato al verbo "ishesh", che vuol dire
"sputare", e Tenefet è imparentato col termine "tef"
che, grossomodo, può essere accomunato al suddetto "ishesh"
(Plumley, op.cit.).
La
grande importanza che assunsero, nella cultura egizia, centri
religiosi e politici come appunto Ermopoli, Eliopoli, ma anche e
soprattutto Menfi (cioè Men-nofer, "monumento bello"),
portò da un lato all’arricchimento della concezione cosmologica
(e cosmogonica) primitiva, dall’altro ad una supremazia ora di
quello ora di quell’altro dio, inteso come Essere da cui tutto
scaturì; sempre il Plumley ci dice: "Durante l’Antico Regno
(3300-2160 a.C.), quando Menfi era la capitale dell’Egitto
/periodo menfita, 2630-2160 a.C.), sembra si avvertisse la necessità
di tentare una riconciliazione tra la cosmogonia di Eliopoli, per la
quale il dio creatore era Atum, e la cosmogonia di Menfi, che
attribuiva l’atto della creazione a Ptah" (Plumley, Op.cit.).
In
un testo antichissimo, il "Trattato di Teologia" di Menfi,
risalente all’Antico Regno e ritrovato in un papiro nel tempio di
Ptah dal re nubiano Shabaka (716-701 a.C.) si legge: "La
creazione avviene attraverso il cuore e la lingua come una
raffigurazione di Atum. Ma il più grande è Ptah, il quale diede la
vita a tutti gli dèi e alle loro facoltà attraverso questo cuore e
questa lingua, il cuore e la lingua da cui trassero origine Oro e
Thot come Ptah". Più oltre è detto: "Egli è la collina
(Tatjenen) che ha generato gli dèi da cui è venuto tutto, sia il
cibo, nutrimento divino, che qualsiasi altra cosa buona. Sicché si
è scoperto e si è capito che il suo potere è più grande di
quello di ogni altro dio. E così Ptah fu pago di aver creato tutte
le cose e ogni parola divina" (Plumley, op.cit.).
Tra
parentesi, aggiungiamo che il faraone egizio, così come gli "shah"
persiani, celebrava il proprio giubileo dopo 30 anni di regno,
giubileo "inventato" da Ptah, cioè il Saturno egizio: e
30 anni (29,46) è il periodo di rivoluzione di Saturno!
Ritornando
alla cosmogonia menfita, vediamo come la creazione sia opera del
pensiero e della parola, ciò che sottintende un’azione
dell’intelligenza in sé che non ci è dato di vedere nelle
cosmogonie eliopolitana ed ermopolitana.
La
Dea Ma’at
A
questo punto è interessante come, nonostante l’alternarsi e
comunque lo sparire e il riapparire delle varie divinità preposte a
rappresentare l’Universo, gli antichi Egiziani fossero d’accordo
nel considerare che la struttura dell’Universo potesse essere
mantenuta e sorretta nella sua integrità solo facendo affidamento
sull’equilibrio, sull’armoniosa coesistenza dei vari elementi
che la compongono, e questo equilibrio, questa coesione, questa
conservazione, erano riassunte nella parola "ma’at".
Ora,
nonostante che "ma’at" fosse solo una pura astrazione,
si arrivò, in epoca tarda, a personificarla nella figlia del sole e
a rappresentarla con una piuma di struzzo sul capo, piuma che era
simbolo di giustizia e di equità (le penne di struzzo sarebbero
infatti tutte della stessa lunghezza).
Ma’at
era quindi l’ordine cosmico, sinonimo di verità e di giustizia.
Da
considerare che la sua piuma veniva collocata su uno dei piatti
della bilancia usata per pesare il cuore del defunto durante il
giudizio nell’aldilà al cospetto di Osiride (Asar), dio dei
morti: se il cuore pesava più della piuma, l’anima del defunto
veniva divorata da un mostro a testa di coccodrillo, altrimenti
veniva accolta nei cosidetti "Campi della Pace"; a tale
cerimonia partecipavano, oltre alla dea Ma’at, il dio Thot (Tahuti)
e il dio Anubi (Anpu), quest’ultimo preposto all’aiuto del
defunto.
L’equilibrio
di Ma’at era comunque conseguente all’azione di rinnovamento cui
la creazione doveva sottoporsi, rinnovamento che più che essere
opera degli stessi dèi chiamava in causa il "faraone"
(egizio perao, "casa grande"), loro rappresentante sulla
terra.
Possiamo
dire che, se la creazione era un atto "divino", il
mantenimento della stessa era compito esclusivo degli uomini, e
comunque del faraone e/o del sacerdote, dato che essi vivevano nei
templi, dimora degli dèi sulla terra.
Da
notare che questa rappresenta una delle tante strade dalle quali
proviene e si sviluppa lo studio degli astri (dèi) come elementi
capaci di unire il "qui" al "là", così da fare
da mediatori, da interpreti, tra la lingua degli dèi e quella degli
uomini.
La
Religione
Ovviamente,
il discorso cosmologico non può esser disgiunto da quello
religioso, anche se appare difficile ricostruire quello che era un
"pantheon" fisso egiziano (ma esisteva nella forma in cui
noi lo concepiamo?), con divinità dalla precisa fisionomia; lungi
quindi da noi la pretesa di spiegare la complessità della religione
egizia; basti solo sapere che nella tomba del faraone della XVII
dinastia, Menkheper-Ra Thuthmesi III (1481-1448 a.C.), il più
grande condottiero e uomo politico dell’Egitto Antico,
conquistatore della Nubia, si è trovato l’elenco di ben 740
divinità egizie! Ciò dimostra la difficoltà di costringere in
ambiti precisi, non solo la religione ma anche la cosmologia (e la
cosmogonia) egizia.
A
mo’ di esempio, ecco un elenco, ovviamente parziale, di alcune
divinità egizie (in caratteri maiuscoli) con relativo nome
grecizzato (in caratteri minuscoli):
AMEN
|
Amon
|
NUN
|
Nunu
|
ANPU
|
Anubis
|
PAKHT
|
Pekhet
|
ASAR
|
Osiride
|
RA
|
Re
|
AST
|
Iside
|
SELQE
|
Selkis
|
HARSEF
|
Harsaphes
|
SEPT
|
Sothis
|
HEP
|
Hapi
|
SKHW
|
Shu
|
HET
HER
|
Hathor
|
TEFNUT
|
Tefenet
|
MEN
NEFIR
|
Ptah
|
TUM
|
Atum
|
Eppure,
il popolo della Valle del Nilo fu essenzialmente conservatore, e lo
dimostra il fatto che, nonostante tutto, si attenne scrupolosamente
a quelle divinità preposte alla salvaguardia dei 42 "nòmi"
(in egizio sepat, divisioni amministrative) dell’Egitto: 22 nòmi
dell’Alto Egitto da Menfi fino ad Elefantina (isola del Nilo) e
Assuan, che furono fissati con l’inizio della V dinastia, e 20 nòmi
del Basso Egitto (quello del Delta del Nilo), fissati, come numero
definitvo, solo durante il periodo greco-romano.
Il
numero 42 aveva anche un valore simbolico: tale era, ad esempio, il
numero dei giudici dei morti, e Clemente Alessandrino (scrittore
cristiano del II secolo d.C.) ci dice che gli Egiziani avevano 42
libri sacri.
Comunque,
e nonostante tale "conservatorismo", in seguito gli
Egiziani accettarono, facendole proprie, anche divinità straniere
(e non poche!), alcune delle quali fino ad ieri erroneamente
ritenute egizie!
La
maggiore o minore fortuna di una divinità era comunque condizionata
dallo svolgersi delle vicende politiche interne, così se una città
si trovava ad assumere un ruolo-guida, la sua divinità principale
ascendeva ad un posto di primo piano sia nel nòmo che in tutto il
Regno.
A
tal proposito, per evitare conflitti e non opportuni accentramenti
di potere, i collegi sacerdotali escogitarono vari espedienti tra i
quali quello di imparentare fra loro divinità diverse, così che si
vennero a creare figure teologiche il cui nome combina in sé due,
tre, a volte anche quattro nomi di divinità preesistenti: un po’
come avvenne anche con il passaggio dalla religione
egeo-minoico-cretese-anatolica a quella greca: divinità come
Apollo, Artemide, Efesto, Zeus, ad esempio, sono ognuna la somma di
molte divinità preesistenti, in certi casi da venti a cento per
ognuna!
Questo
che vuol dire? Che è impossibile, per noi, risalire a qualcosa di
fisso e comunque riuscire a farci un’idea del significato che ogni
dio aveva nel pantheon egizio? Ma non sono queste
"fusioni" sinonimo, anche, della ricchezza del simbolo, e
quindi della sua validità?
I
Testi Sacri e non
Certo,
sappiamo che la cultura egizia, la civiltà egizia, fu un
"miscuglio molto particolare di tradizione arcaica e delle idee
più avanzate" (Plumley, op.cit.), ma anche che molte sono le
testimonianze da cui poter trarre informazioni: nell’Antico Regno
(III-VI dinastia, 3000-2242 a.C., periodo Menfita) abbiamo, col
faraone Uni, i cosidetti "Testi delle Piramidi", un vasto
complesso di quasi 4000 linee che ci dà informazioni sugli aspetti
della mitologia egizia durante quello che è stato il primato dei
sacerdoti (e quindi della città) di Eliopoli.
Anche,
durante la VI dinastia si costituì quella che noi conosciamo come
"Enneade Eliopolitana".
Dall’XI
alla XIV dinastia (Medio Regno) abbiamo il primato di Tebe (Uast),
che oltre a inni e iscrizioni commemorative di indubbio interesse,
ci ha lasciato i "Testi dei Sarcofagi", forma riveduta e
corretta per le classi meno abbienti e titolate del succitato
"Testo delle Piramidi". E’ in questo periodo che la
religione subisce una vera e propria rivoluzione, facendo guadagnare
terreno a Osiride (Asar) e a Amun.
Con
le dinastie XVIII-XX (Nuovo Regno, 1580-1085 a.C.) si registra un
aumento della potenza egizia (testimoniato dalla presenza di faraoni
come Amenofi I, II, III, IV, Thuthmesi I, II, III, IV, Tutankhamon,
Ramesse I, II, III, IV, V), periodo in cui fa la comparsa il
"Libro dei Morti". Altri testi importanti sono il
"Libro delle Porte", il "Libro dell’Amduat" e
il "Libro della Vacca del Cielo", quest’ultimo a
carattere mitologico, tutti della XIX dinastia, faraone
Men-Maat-Ra-Sethi I (1318-1306 a.C.).
A
queste opere, in caratteri geroglifici ieratici, vanno aggiunte
tutte quelle notizie forniteci dagli scrittori classici, dagli
storiografi e geografi greci, come Erodoto, Diodoro Siculo e
Strabone; notizie le estrapoliamo anche dagli scritti greci
sull’opera di Manetone, che fu sacerdote nel Delta all’epoca di
Tolomeo II Filadelfo (280-246 a.C.).
Da
tutto questo patrimonio si ha una visione della mitologia e della
cosmologia egizia abbastanza ampia e forse per questo di non facile
collocazione in un sistema di riferimento univoco.
Eppure
è proprio da questo popolo e dal suo sistema di pensiero
("molteplicità di approcci", come dice H.Frankfort) che
ci provengono quelle testimonianze esoteriche e metafisiche dalle
quali noi oggi possiamo attingere per i nostri studi, testimonianze
che risultano affondare le proprie radici ben al di là della Civiltà
Egizia (si veda Le origini dell’Astrologia, di Sergio Ghivarello,
in: Linguaggio Astrale n.35/1979), ciò che porta la stessa ad
assumere il ruolo, finora non ampiamente compreso, di "ponte
eccellente" tramite il quale arrivare a una vera conoscenza del
Passato dell’Uomo.
Cosmologia
e Astrologia
La
dea Nut circondata dai Segni
zodiacali.
Sarcofago di Soter.
II
sec. d.C.
Quanto
finora detto ci permette di fare alcune interessanti considerazioni:
abbiamo accennato, all’inizio di questo capitolo, che gli Egiziani
si orientavano guardando verso Sud: infatti il Basso Egitto è
quello del Delta del Nilo (per noi è l’Egitto Settentrionale),
mentre l’Alto Egitto è quella stretta valle incuneata fra gli
altipiani del Deserto Libico e di quello Arabico, che per noi è
ovviamente l’Egitto Meridionale.
Consideriamo
altresì che quella che era la delimitazione storica dell’Egitto,
la già citata "Porta del Sud" rappresentata in pratica da
un’imponente emergenza fluviale di roccia granitica (ovvero
diorite porfiritica), si trovava poco a sud di Assuan, e
precisamente tra i siti di Bet el-Uali e Kalabsha: ebbene, in questa
zona geografica noi troviamo nientemeno che il TROPICO DEL CANCRO,
ciò che fa assumere a questa delimitazione connotati del tutto
particolari e interessanti ai fini di una ricerca astrologica!
Abbiamo
poi visto come la loro primigenia visione cosmologica fosse
rappresentata da un ammasso di terra diviso nel mezzo dal Nilo e
circondato dal "Grande Oceano Circolare", ciò che può
essere così raffigurato:
DISEGNO
1
Vediamo
come il Delta del Nilo si trovi raffigurato in basso (appunto
"Basso Egitto"). Ora, il diverso orientamento geografico
tenuto dagli Egiziani, e comunque la figura ora proposta,
sicuramente dà da pensare: se noi sovrapponiamo a questa una carta
oroscopica, vediamo che sul Delta del Nilo ‘cade’ il quarto
settore, analogico al quarto Segno, il CANCRO, il che porta le
sorgenti del Nilo a ‘collocarsi’ in CAPRICORNO!
Una
curiosità: la quarta lettera dell’alfabeto greco è la ‘Delta’,
così chiamata appunto per la sua forma triangolare, assomigliante a
un delta di fiume; che sia la quarta, non ci può dire niente?
Meglio, e più consono alla forma mentis egiziana, sarebbe dire che
il Nilo ‘nasce’ nel Decano del Montone (Capricorno) e
‘sfocia’ nel Decano Sit (Cancro); d’altronde pare che gli
Egiziani procedessero più a decani equatoriali che a Segni
zodiacali.
Nilo
quindi come direttrice Nord-Sud interessante l’asse
Cancro/Capricorno: consideriamo che questi due Segni rappresentano
le cosidette Porte dello Zodiaco (si dice che dalla Porta del Cancro
- detta la Porta degli Uomini - passano le anime per incarnarsi,
mentre dalla Porta del Capricorno - detta la Porta degli Dei - passa
la divinità che vuole incarnarsi), il che ci immette su una strada
affascinante e misteriosa che assegna al Nilo prerogative divine e
creatrici, non lontane da quelle attribuitegli dagli abitanti della
sua Valle.
Nilo
come fiume sacro, quindi, e come tutti i fiumi sacri (si veda il
Gange) epigono, e comunque "continuatore terrestre", dei
"fiumi celesti", primo fra tutti la Via Lattea.
Nilo
come "fiume che si autoalimenta", visto che immette le
proprie acque nel "Grande Oceano Circolare" da cui poi
rinasce, il che, volendo, ci avvicina al concetto di "flusso
infinito", di "illimitatezza" (apeiron) di
Anassimandro.
Comunque,
a parte queste divagazioni che ci porterebbero su un terreno
filosofico non preventivato, sappiamo che presso gli Egiziani (ma
non solo: vedi Caldei e Arabi) le stelle godettero di
un’importanza maggiore che non i pianeti; ciò non toglie che
quest’ultimi, specie durante il Nuovo Regno (e comunque dopo la
XVIII dinastia, 1580-1314 a.C.), si rifacessero del tempo perduto:
nella tomba del faraone Men-Maat-Ra-Sethi I, figlio di Ramesse I, ad
esempio, troviamo menzionati alcuni pianeti così denominati:
Stella
dell’Est del Cielo (Hur-xuti)
|
MARTE
|
Stella
del Sud del Cielo (Hur-up-set)
|
GIOVE
|
Stella
dell’Ovest del Cielo (Hur-ka-pet)
|
SATURNO
|
Stella
del Nord del Cielo (Sebgu)
|
MERCURIO
|
Nella
concezione egiziana dei "decani" (in pratica, 36
suddivisioni di 10 giorni ciascuna nelle quali era diviso l’anno
egizio, ovvero 36 parti del cerchio zodiacale, ognuno sotto la
giurisdizione di un determinato astro; si veda Giulio Firmico
Materno [IV secolo d.C.], capitolo 16 del IV libro del De
Nativitatibus, sive matheseos libri VIII), abbiamo:
Marte
come signore del primo decano del primo Segno (Ariete), quindi del
primo settore Est;
Giove
come signore del primo decano del decimo Segno (Capricorno), quindi
del Sud;
Saturno
come signore del secondo decano del settimo Segno (Bilancia), quindi
del tramonto, Ovest;
Mercurio
come signore del secondo decano del quarto Segno (Cancro), quindi
del Nord.
Ciò,
applicato al tondo cosmologico prima raffigurato, dà il seguente
schema:
DISEGNO
2
Come
si può vedere il Nilo "scorre" lungo l’asse formato dai
pianeti Giove e Mercurio.
Ora,
per meglio comprendere, e comunque per allargare, la visione dei
riferimenti tradizionali egiziani in rapporto a questi quattro
punti, iniziamo col vedere a quali divinità egizie i suddetti astri
erano accomunati:
MARTE
|
ANHER,
dio guerriero, paragonabile all’Ares greco
|
GIOVE
|
AMON,
dio solare
|
SATURNO
|
GEB,
o Ptah; paragonabile all’Efesto greco
|
MERCURIO
|
THOT,
dio lunare
|
Sappiamo
anche che i quattro punti cardinali erano sotto la giurisdizione dei
quattro figli di Her (cioè Duamutef, Amsit, Qebensenuf e Hapi,
divinità patrone dei vasi canopi, recipienti funerari nei quali
venivano conservati i visceri del defunto mummificato), a loro volta
protetti da quattro dee, e così ripartiti:
PUNTI
CARDINALI |
FIGLI
DI HER |
PROTETTI
DALLE DEE |
|
|
|
EST |
DUAMUTEF |
NEITH,
dea guerriera paragonabile all’Atena greca
|
SUD |
AMSIT |
AST
(Iside)
|
OVEST |
OEBENSENUF |
SELQET,
divinità scorpione, dea funeraria ma anche tutelatrice del
matrimonio e della prole
|
NORD |
HAPI |
NEBET-HET,
la ‘Signora del Castello’
|
Anche
i venti venivano, a seconda della loro direzione e forza,
identificati con i quattro punti cardinali:
DIVINITA’
DEL VENTO
|
PROVENIENZA |
|
|
HENKHISESUI
raffigurato come uomo con testa di ariete
|
EST |
SHEHBUI
raffigurato come uomo con testa di leone e con le ali
|
SUD |
HUZAINI
raffigurato con corpo umano alato e testa di serpente
|
OVEST |
QEBUI
raffigurato come ariete alato con quattro teste
|
NORD |
Già
da questi primi accostamenti possiamo vedere come l’Est venga
rappresentato da elementi "guerreschi" e comunque di
azione, il Sud da elementi "solari", l’Ovest da elementi
"terreni" e comunque legati sia alla morte che alla
maternità e procreazione, il Nord da elementi "lunari".
EST
Simboli
"guerreschi"
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MARTE
ANHER,
dio guerriero
DUAMUTEF
NEITH,
dea guerriera
HENKHISESUI,
dalla testa di ariete
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SUD
Simboli
"solari"
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GIOVE
AMON,
dio solare
AMSIT
ISIDE
SHEHBUI,
dalla testa di leone
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OVEST
Simboli
"terreni"
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SATURNO
GEB,
paragonato a Efesto
QEBEHSENUF
SELKET,
dea scorpione
HUZAINI,
dalla testa di serpente
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NORD
Simboli
"lunari"
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MERCURIO
THOT,
dio lunare
HAPI
NEBET-HET,
la "notte stellata"
QEBUI,
dalle quattro teste, le fasi lunari
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Tutto
questo ricalca quello che è poi il significato dei settori (o Case)
oroscopici Cardinali:
CASA
UNO
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EST
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AZIONE
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CASA
DIECI
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SUD
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REALIZZAZIONE
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CASA
SETTE
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OVEST
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RELAZIONE
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CASA
QUATTRO
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NORD
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PROTEZIONE
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Facciamo
presente che è nella zona occidentale - per noi la riva sinistra
del Nilo - che troviamo la maggior parte dei monumenti sepolcrali,
le piramidi, il cui ingresso è sempre sulla facciata rivolta a
Nord, cioè al "quarto settore oroscopico/Thot"; ovvio! Se
il Nilo è dispensatore di vita, allora il defunto, in quanto tale,
dovrà risalirlo (cioè andare controcorrente) per tornare
all’origine, alle sorgenti, così da mettersi tra le braccia di
Khnum, il dio-montone, il "Guardiano delle Sorgenti del
Nilo", che appunto si trovano nel "decano del
montone"!
La
Sfinge
Sempre
in tale zona - cioè la riva sinistra del Nilo - troviamo il sito di
el-Giza, area necropolica dove si trovano le famose piramidi dei
faraoni Kufu (Cheope), Kafra (Chefren) e Menkaura (Micerino), e la
grande sfinge, rivolta con lo sguardo verso Oriente, raffigurante il
sole che sorge, Ra-Harakhti, "Horo dei due Orizzonti", e
comunque Hor-em-Akhet, cioè "Horo che è
all’orizzonte".
Dal
corpo leonino e dal volto umano, la Sfinge, secondo molti, riunisce
in sé i caratteri dell’asse Leone-Acquario; senza lasciarsi
andare a voli arditi di fantasia "esoterica", possiamo qui
solo accennare al fatto che tale figura potrebbe invece costruirsi
sulle caratteristiche dei Segni Leone-Vergine, trovando quindi la
sua "dimora" nel 150esimo grado della fascia zodiacale,
punto di incontro tra i suddetti Segni, ciò che investirebbe tale
colosso statuario di significati assai profondi, legati all’unione
tra la "madre" (Vergine-Iside) e il "figlio" (Leone-Horo),
e comunque rappresentare l’uomo intero, l’Uomo-Dio.
A
questo proposito, è nota la leggenda di quell’uomo che si sentì
chiamare dalla Sfinge perché, passandole accanto, non l’aveva
degnata di uno sguardo; al che, il pover’uomo rispose che stava
andando a cercare un medico perché il suo bambino era gravemente
ammalato.
La
Sfinge, allora, disse di portarle il bambino, deporlo tra le sue
zampe, e ritornare all’alba del giorno dopo a riprenderlo, cosa
che, nonostante la paura e vari timori, fu fatta.
La
notte, mentre il bambino solo e al buio piangeva e si lamentava,
arrivarono, splendenti, Osiride, Iside e Horo, che toccandolo e
accarezzandolo si misero a giocare con lui, mentre il bimbo si
divertiva con la sacra frusta di Osiride.
Piacque
ciò agli dèi, e sorrisero, e il bimbo, finalmente, si addormentò
tranquillo.
Il
mattino dopo, il padre, sicuro di trovarlo morto, si avvicinò a lui
e, sorpreso, vide che invece era vivo e stava giocando con un laccio
di una frusta.
La
Sfinge sorrideva, e nel punto dove il piccolo era posto, si vide una
piccola nicchia, come se il colosso di pietra avesse leggermente
piegata la zampa per proteggere il bambino (da Realtà e mito della
Sfinge, di V.Armuzzi, in: Giornale dei Misteri, n.25/1972, Corrado
Tedeschi Editore, Firenze).
Consideriamo
che all’interno della Sfinge è custodito un calendario (quello
relativo all’"anno vago": si intende, con questo
termine, un anno di 12 mesi, tutti di 30 giorni, che annoverava poi
5 giorni in più fuori mese, detti "epagomeni", così da
ottenere 365 giorni; ora, essendo più corto di ¼ di giorno
dell’anno siderale, quella che era la data di inizio dell’anno,
segnalata come detto dal sorgere eliaco di Sirio, ritardava di un
giorno ogni 4 anni; dal che l’anno egiziano aveva un inizio mobile
rispetto al ciclo delle stagioni: da qui, appunto, il nome di
"anno vago"), e che la stele in essa rinvenuta,
raffigurante due porte sormontate da due Sfingi, fa della stessa un
"Guardiano della Soglia", un "Guardiano delle Due
Porte", quella Occidentale e quella Orientale, cioè dei due
"orizzonti" e comunque delle due componenti dell’uomo,
l’anima e il corpo.
DISEGNO
3
Il
Cielo dentro le Piramidi
Nello
stesso sito ove si trova la Sfinge, la grande piramide di Kufu (Cheope)
si erge in tutti i suoi 146,6 metri di maestosità (nella foto: in
primo piano quella di Micerino," "La Piramide
Divina", alta 65,5 m., al centro quella di Chefren, "La
Grande Piramide", 143,5 m., poi quella di Cheope, "La
Piramide che è il luogo dell'alba del tramonto"), perfetta
nella pendenza (la cuspide misura 76°), incredibilmente allineata
con i quattro punti cardinali (lo scarto è di appena 00°03’33"!),
custode di conoscenza di alto livello: ad esempio, l’apertura di
entrata, sulla facciata Nord, sprofonda all’interno con
un’inclinazione di 26°18’10", pendenza che, alla
latitudine del luogo, corrisponde esattamente all’altezza a cui si
trovava la stella Thuban, l’alpha Draconis (la "Coda del
Drago"), che nel 2830 a.C. (IV dinastia) rappresentava la
Stella Polare!
Anche,
i templi di Hathor a Denderah e di Mut a Tebe (3500 a.C.) sono
orientati con l’asse maggiore nella direzione in cui era visibile
la stella gamma Draconis (o Eltanin, la "Testa del
Drago").
Una
mappa stellare riprodotta su fattezze umane, si trova nella tomba
(n.7 della Valle dei Re) del faraone Ramesse II (XIX dinastia), e
durante il suo regno (1301-1235 a.C.) furono determinati i quattro
Segni cardinali: Ariete, Cancro, Bilancia, Capricorno.
Nella
tomba di Senmut (XVIII dinastia, 1480 a.C.), ministro e capo
architetto della regina Hatshepsut, e che si trova a Deir el-Bahri,
Tebe occidentale, abbiamo un interessantissimo pannello dipinto con
le raffigurazioni di decani, di alcune stelle e pianeti:
DISEGNO
4
Nella
riproduzione, in basso a sinistra, l’uccello con la stella sul
capo, ad esempio, è Venere; proseguendo verso destra abbiamo
Saturno e Giove in piedi su delle barche; poi troviamo Iside e,
accanto, Orione con le tre stelle delta, epsilon e zeta, o Mintaka,
Alnilam e Alnitak, cioè le stelle della "Cintura di
Orione" (o, popolarmente, "bastone di S.Giuseppe")
che limita a Nord la nebulosa gassosa M42, cosa, questa, che pare
vedersi, addirittura, a destra di Orione, in quel riquadro al centro
del pannello! Il che, sinceramente, dovrebbe farci riflettere prima
di chiamare "primitivo" un popolo con siffatte conoscenze
astronomiche! Per quanto riguarda i decani, questo sono descritti
nelle successive sequenze sulla destra del pannello.
Consideriamo
comunque che la presenza di questi "decani" sembra
ritrovarsi già in epoca mesopotamica, e precisamente nel cosidetto
"Poema della Creazione", l’"Enuma Elish", dove
si parla si "stazioni" che furono costruite per ogni
divinità, fissando così le loro immagini astrali, cioè le
Costellazioni.
Nilo
Fiume Sacro
Come
si vede, ampio è il ventaglio delle testimonianze sulle conoscenze
astronomico-matematiche e sulla concezione cosmologica dell’antico
popolo della Valle del Nilo, conoscenze che, nonostante si appoggino
a esempi "infantili" (l’ammasso di terra tagliato in due
dal fiume su cui si innalzano i pilastri che sorreggono la volta
celeste), tradiscono un sapere che sembra, come detto, affondare le
proprie radici in un passato che sicuramente va oltre il periodo
cosidetto "tinita" (I-II dinastia), così come profondi
sono i significati che possiamo trarre dal fatto che il fiume sacro
trovi le sue sorgenti simboliche nel "decano del montone/decimo
settore", e che comunque svolga il suo corso sull’asse
Capricorno/Cancro, almeno se visto, questo, come asse che dalla
"Prima Terra" (Capricorno), "Terra di Dio",
porta alla "Terra dell’Uomo" (Cancro, inteso come
dominio della "forma", mondo delle cause): in Capricorno
abbiamo il respiro dello Spirito, in Cancro troviamo lo spirito che
respira, cioè l’essere divenuto uomo, arrivato alla sua
manifestazione fisica.
Ecco
che allora il Nilo, da semplice dispensatore di vita per la gente
della sua valle, si copre di significati simbolici che racchiudono
il mistero della vita, si copre di quegli assunti anche esoterici
che lo immettono, lui, fiume sacro, nel novero di quei misteri che
travalicano le umane vicende e che si perdono negli spazi siderali,
da dove ammicca, con fare sornione, l’Equatore Galattico, unico,
vero fiume sacro.
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