Conoscere se stessi

 

Per conoscere se stessi, per apprendere il funzionamento del proprio pensiero, bisogna essere straordinariamente vigili e iniziare così a sviluppare una sensibilità sempre maggiore al complesso intrico dei propri pensieri, reazioni e sentimenti, una maggiore consapevolezza non solo di se stessi, ma anche degli altri, di coloro con cui si è in rapporto. Conoscere se stessi vuol dire studiare se stessi nell'azione che è rapporto. (...) Quanto più conoscete voi stessi, tanto più c'è chiarezza in voi. La conoscenza di sé non ha mai termine. Man mano che lo studio di sé procede e va sempre più in profondità, si trova la pace. (...) La comprensione di sé è il vedersi attimo per attimo nello specchio dei rapporti. I rapporti con la proprietà, le cose, le persone, le idee (l'idea è il risultato del processo del pensiero, e il processo del pensiero è la risposta della memoria, e la memoria è sempre condizionata).(...) Per comprendere ciò che è bisogna osservare i propri pensieri, i sentimenti e le azioni, attimo per attimo. Questo è il "reale". Qualunque altra azione, ideale, o ideologia non è il "reale", ma semplicemente un desiderio, un'aspirazione illusoria a essere qualcosa di diverso da ciò che è. (...) Comprendere ciò che è richiede uno stato mentale in cui non siano presenti né identificazione, né condanna, il che implica che la mente sia vigilie e tuttavia passiva. (...) Solo quando si riesce ad andare oltre il groviglio delle idee (che costituiscono l'io, la mente), allorché il pensiero è completamente muto, solo allora si saprà cos'è la verità. (...) Dopo tutto è questa la verità: avere la capacità di accostarsi ad ogni cosa come se fosse la prima volta, attimo per attimo, senza i condizionamenti del passato, di modo che non ci sia l'effetto cumulativo che agisce come barriera fra se stessi e ciò che è. (...) Se non c'è più alcuna credenza con cui la mente si identifichi allora la mente, priva di identificazione, è capace di guardare a se stessa così com'è: e a quel punto, sicuramente, si ha un primo barlume di comprensione si sé. (...) Quando accettiamo ciò che è senza evitarlo, senza condannarlo o giustificarlo, ogni contrasto è pienamente acquietato. (...) Ci vuole consapevolezza di sé in azione. Osservatevi mentre agite, non solo esternamente: seguite il movimento dei vostri pensieri e sentimenti. Vi accorgerete che il processo di tale movimento del pensiero, che comprende anche sentimento e azione, si basa su un'idea in divenire. Questa sorge quando c'è un senso di insicurezza, che a sua volta emerge quando si è consapevoli del vuoto interiore. (...) Se siete consapevoli dei processi del pensiero e del sentimento vi accorgerete che c'è una costante battaglia in corso , uno sforzo per cambiare, per alterare, per trasformare ciò che è. E' questo sforzo per diventare qualcosa, per evitare ciò che è che genera sofferenza, dolore, ignoranza. (...) Esiste una consapevolezza che non è del pensiero: è sufficiente essere consapevoli delle attività del sé, senza condannare o giustificare, semplicemente essere consapevoli. (...) Deve esserci una determinazione a scoprire, a esplorare il processo dell'essere, il che significa essere pronti a recepire ogni implicazione ogni cenno, essere consapevoli delle proprie paure e delle proprie speranze, esplorale ed essere liberi, sempre più liberi. (...) Quando riconoscete che ogni movimento della mente non è altro che una forma di rafforzamento del sé, quando lo osservate, lo comprendete, quando siete del tutto consapevoli che il sé è in azione, quando arrivate a quel punto (non ideologicamente o a parole), allora vedrete che la mente essendo ormai completamente immobile, non ha potere di creare. Quando la mente è non-creatrice, allora si ha la creazione.

 

Estratto da: 

J. Krishnamurti - La ricerca della felicità - Ed. Rizzoli R.C.S. Libri