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di Aliberth
(Alberto Mengoni)
(Conferenza tenuta al Centro Nirvana nel 1998)- www.centronirvana.it;
Ancor
oggi, senza alcun dubbio al riguardo, il potere liberatorio del
messaggio del Buddha è enormemente attuale. Il profondo significato
delle Quattro Nobili Verità, che dichiara l'ineluttabilità della
sofferenza nell'esistenza degli esseri, ma anche e soprattutto la
certezza della sua eliminazione, propone una validissima pratica: la
Meditazione Buddhista, così come viene praticata da più di duemila
anni.
Come
ormai quasi tutti sanno, il Buddhismo nel suo itinerario espansivo
al di fuori dell'India, toccò anche la Cina oltre agli altri paesi
dell'Est Asiatico. E qui nel Celeste Impero, l'arrivo del Patriarca
Bodhidharma nel 6° Secolo d.C., ebbe uno strabiliante risultato
(anche se assaggi di Buddhismo erano già avvenuti dal 3°/4°
secolo). Mescolandosi in qualche modo con la preesistente filosofia
Taoista, il Buddhismo Cinese fiorì soprattutto per merito della
pratica CH'AN (in Sanscrito Dhyana, cioè Meditazione Contemplativa)
che poi, arrivando fin nel Giappone, fu pari pari tradotta in ZEN.
Il
principale fautore di questa veloce e inarrestabile proposta,
"conoscere la propria natura", fu il Sesto Patriarca
Hui-Neng (638-713) il quale, pur essendo un modesto falegname
analfabeta, applicò così bene le sue intuizioni sugli insegnamenti
dei Sutra (specialmente il Sutra del Diamante) che si illuminò
spontaneamente in modo istantaneo. Infatti, Hui-neng, che pur era
stato a contatto con le diverse visioni interpretative di vari
studiosi ed eruditi del tempo, colse realmente il vero e concreto
aspetto del messaggio finale del Buddha, quello che viene ricordato
come la Terza Rotazione della Ruota del Dharma, cioè la più
ineffabile e profonda spiegazione della verità del mondo dei
fenomeni.
Quindi,
tramite Hui-neng ed i suoi seguaci più illustri (Ma-tsu, P'ai-Chang,
Huang-po, Lin-chi, solo per citarne alcuni) anche in Cina si
evidenziò, seppur in mezzo ad altre visioni più elementari, una
scuola di pensiero e pratica per menti "acute e pronte",
che potevano comprendere l'insegnamento per l'esplosione finale
della mente. Grazie a questa Scuola, chiamata dell'Illuminazione
Improvvisa o Istantanea, il vero insegnamento del Dharma del Buddha,
nella versione Cinese Meridionale, è potuto giungere fino a noi. Ed
ora, qui in Occidente, abili ricercatori della meditazione sono gli
ideali continuatori di questa Linea di Meditazione sulla natura
della Mente e, tramite la loro stessa esperienza di pratica del Ch'an,
riversano e tramandano nella mente dei discepoli predestinati, il
succo e l'essenza di questa meravigliosa e stravolgente disciplina.
La
Natura della Mente (o "Non-Mente", come è stata chiamata
dai Patriarchi del Ch'an) è la condizione di base della mente degli
esseri viventi che, appunto alla luce dell'attenta osservazione,
risulta essere "vuota". La mente è, in realtà, una
"vacuità" di esistenza inerente (cioè non esiste
separatamente dalle sue stesse creazioni) e pertanto sia essa, sotto
forma di un illusorio io personale, che tutti gli oggetti
proiettati, non possono avere quell'esistenza apparente che li fa
sembrare divisi e separati.
Ma
questo è possibile comprenderlo soltanto dopo un lungo ed adeguato
training meditativo ed introspettivo. L'unione di conoscenza (cioè
l'informazione avuta come Insegnamento) e metodo (la pratica diretta
di consapevolezza) permette al sincero praticante di scoprire la sua
vera mente "reale" (vuota ed assoluta, anche in presenza
di contenuti temporanei e oscurazioni contingenti). Il punto
cruciale di questa Meditazione Ch'an è quello, principalmente, di
saper "osservare", di saper cogliere la propria vera
natura, da sempre auto-illuminata, prima nel profondo silenzio
mentale della meditazione seduta (zazen) e poi nelle esasperate
condizioni della vita quotidiana.
Ovviamente,
non è una pratica facile, anzi. Per la gran parte di coloro che
tentano, non è certamente possibile arrivare alla diretta
osservazione spassionata di "se stessi" come in uno
specchio, proprio perché tutte le precedenti conoscenze, i vecchi
schemi mentali, le opinioni inveterate, i dubbi e le congetture,
preconcetti e supposizioni anche di tipo spirituale ma
"inquinato", si intromettono tra "colui che
osserva" e "colui che è osservato", impedendo senza
dubbio lo scioglimento di questa rigida posizione duale. Questo è
il punto cruciale. Voler conoscere la profonda realtà con lo
strumento abituale, con cui conosciamo (erroneamente) il mondo
esterno dei nomi e delle forme, è impossibile. Secondo
l'insegnamento del Ch'an, noi siamo già illuminati e perfetti,
ma se ci mettiamo a concettualizzare questo fatto, se crediamo in
esso con la nostra mente umana, allora questa illuminazione non può
presentarsi, è e rimane inconoscibile; e resta ciò che pensiamo di
essere, cioè un essere umano personale, identificato, sofferente e
nevrotico.
La
meditazione Ch'an, per farci arrivare allo svuotamento di queste
etichette personali, richiede estrema forza di volontà,
intelligenza, spirito di attenzione e sacrificio. Malgrado ciò,
anche arrivando ai vertici della comprensione e della purezza
mentale, il mondo così come lo vediamo non scompare, i fenomeni che
ci stanno intorno continueranno ad esserci; tuttavia sarà possibile
non solo conviverci, ma addirittura utilizzarli al meglio per poter
aiutare anche gli altri esseri ad arrivare alla verità. Al giorno
d'oggi, vi sono sufficienti punti di riferimento per coloro che
anelano entrare nel Sentiero del Ch'an. Però è richiesta una
grande serietà perché la pratica e l'attuazione dell'insegnamento
preclude ogni altro tipo di illusione. Infatti, proprio eliminando i
veli delle nostre illusioni è possibile scoprire quanto e fino a
che livello di profondità, il nostro "ego" si ammanta di
falsità. Perfino quando noi riteniamo di essere veramente
interessati e tenacemente applicati alla pratica, possiamo
ancora cogliere nella nostra mente, immaginazioni illusorie e
falsificanti credenze personali.
Per
il Ch'an, non importa "apparire illuminati" agli occhi
degli altri, anche perché la valutazione delle nostre qualità è
comunque sottoposta all'ignoranza mentale di chi ci considera. E
poi, soltanto altri esseri "già illuminati" potrebbero
riconoscere la luce di realtà che emana dal "Tutto"; in
ogni caso, è meglio evitare qualsiasi tipo di riscontro.
L'Illuminazione Improvvisa o Istantanea è proprio il riconoscere,
il comprendere ed il familiarizzarci con la nostra "normalità".
Altro che lustrini e gratificazioni. Come potremmo essere utili agli
esseri che soffrono se, prima, non comprendiamo che la loro
sofferenza è identica a quella che soffocava e reprimeva la nostra
"normalità"? Se non arriviamo a comprendere che, proprio
l'uomo "vero così com'è", non alterato artificiosamente
da imposizioni acquisite e autovalutazioni più o meno palesi, è il
Buddha, come potremmo pensare di arrivare alla cessazione della
nostra e altrui sofferenza?
Dunque,
dopo questi utili suggerimenti, si può chiaramente valutare la
semplicità e, insieme, la grandezza del messaggio Ch'an. La pratica
della Meditazione, che tutti possono sperimentare, ha inizio con
l'osservazione della cosa più sottile che ci tiene in vita: il
respiro. Con l'aiuto di una valida guida si può cominciare ad
imparare la tecnica di regolare il nostro respiro e la nostra
postura seduta, elementi fondamentali e indispensabili a creare le
condizioni utili per partire alla conquista della nostra
liberazione. Ognuno di noi ha pari possibilità di realizzare la
propria vera Natura. È opportuno credervi, senza però illudersi
che le prime, piccole realizzazioni, siano il traguardo finale.
Dobbiamo continuare a meditare incessantemente, instancabilmente,
tenacemente, senza un fine o una qualsiasi idea di "essere
arrivati". Il nostro costante miglioramento potrà rivelarci
che, nell'intimo, sta vieppiù emergendo l'embrione del Buddha e,
anche se in realtà non vi è nulla che cresce, è l'aumento stesso
della nostra consapevolezza a testimoniare il Buddha ed a far
recedere e rimpicciolire la nostra individualità egoica. Ciò che
è veramente importante, caldamente consigliato da tutti i maestri,
è il lavoro continuo ed ininterrotto. Quando la meditazione fluirà
spontanea e leggera in ogni situazione, comprese quella della vita
quotidiana, allora saremo veri praticanti. Sia quando le condizioni
sono buone o meno, quando avremo successo o mortificazioni, quando
la vita ci chiederà la restituzione del credito, proprio nei
momenti più difficili si vedrà il risultato del nostro lavoro. È
proprio in questi momenti che la meditazione dovrà essere la nostra
compagna fedele e insostituibile.
Il
Buddhismo propone varie forme di meditazione. Esse sono un po’
come degli espedienti per verificare il livello personale di capacità
e il modo per poterlo utilizzare. Finché l'individuo non è giunto
alla verità, cioè all'esatta conoscenza di se stesso, egli è
portato ad avere delle preferenze. Il suo fardello karmico, peraltro
a lui ignoto, dètta le scelte ed i gradi della sua evoluzione.
Quindi, perfino nel sentiero spirituale, la maggioranza delle
persone ritiene o presume che per esse vada bene un certo tipo di
meditazione, piuttosto che un altro. Alcuni gradiscono la
meditazione "visiva" (quella cioè in cui si devono
visualizzare forme o immagini, generate nella mente); altri
preferiscono la meditazione guidata e scandita con "qualcosa da
fare" (come recitare dei mantra, seguire il respiro,
ascoltare musica o suoni oppure pregare i protettori). Questi tipi
di meditazione, ovviamente, possono tutti andare bene allorché si
è ancora nelle condizioni iniziali di sviluppo spirituale, dato che
il processo di sviluppo esige, sfortunatamente, i suoi tempi ed i
suoi modi.
Vi
sono, però, alcuni esseri molto avanzati, ai quali queste
meditazioni "morbide" potrebbero fungere da freno e perciò
essi, il più presto possibile, devono e possono incontrare
l'insegnamento Ch'an. Ciascuno di noi, secondo il dogma Buddista, è
passato attraverso innumerevoli rinascite e quindi, nel corso della
sua incessante evoluzione spirituale, può aver applicato più volte
in altre vite, le pratiche meditative di tipo morbido, che abbiamo
descritto sopra. La mente di un simile individuo, quando nella nuova
nascita si rimette in connessione col Sentiero spirituale, sente
l'inderogabile necessità di strumenti maggiormente risolutivi,
sente il bisogno di conoscere una verità più drastica. Il senso di
disperazione e di oppressione per l'esistenza ciclica samsarica non
può più essere lenito o ammorbidito da compiacenti e inutili
pratiche "soft". È necessario alfine, un salto "giù
dal palo alto cento piedi"…(come è sovente ricordato nello
Zen).
Questo
è il punto a cui, prima o poi, tutti dovremo giungere e, chi vi è
giunto, non può assolutamente rifiutare un Sentiero come il Ch'an.
L'approccio con la meditazione contemplativa del Ch'an, come è
stato già detto, può comunque iniziare con l'identico tipo di
meditazione semplice ed elementare, in cui si osserva il proprio
respiro o si visualizzano forme nella propria coscienza mentale.
Dopodiché si prosegue con l'osservazione spassionata e impersonale
dei propri pensieri e, successivamente, della stessa mente in cui ci
si divertiva a creare immagini. Tutto in maniera asettica e senza
giudizi o opinioni, finché si arriva a stringere e si approda
finalmente alla "Non-Meditazione", cioè allo stato Reale
della "Non-Mente".
Questo
stato Reale, o "condizione autentica", non può essere
illustrato né descritto con termini o parole. La difficoltà sta
proprio in questo. Mentre le meditazioni morbide e formali possono
venir descritte, illustrate e quindi, panoramicamente, anche
insegnate, questa Non-meditazione può soltanto essere sperimentata
direttamente. Sarebbe come tentare di descrivere la dolcezza del
miele a chi non ha mai assaggiato alimenti dolci. Solo gustandolo
direttamente, potrà essere possibile conoscere la dolcezza del
miele. Ecco perché è necessario sperimentare direttamente, come
esito del lungo training meditativo, la nostra vera "Autonatura"
che, pur essendo innegabilmente all'interno di noi stessi, non è
per niente conosciuta né identificata. Però, se qualcuno ce ne
parla, allora potrebbe essere possibile risvegliare la nostra
coscienza alla sua realtà. A qualcuno, come Hui-neng, è bastato
ascoltare le strofe del Sutra del Diamante, per ottenere subito una
perfetta coscienza del suo vero <Sé>.
La
meditazione Ch'an, con la sua indicazione diretta che punta alla
mente, senza preamboli né inutili giri di parole, ci permette di
assaporare pienamente la dolcezza del Dharma. Riunendo la
nostra ipotetica piccola mente individuale alla Grande Mente Unica e
Assoluta, potremo far cessare la nostra e l'altrui sofferenza di
esseri illusoriamente condizionati. Però, dobbiamo fare in fretta
perché, come disse il Buddha: "Quando la casa brucia, non c'è
tempo per tergiversare sulle cause, bisogna subito mettersi in
salvo!". Cerchiamo dunque di scoprire al più presto la
dolcezza di quel miele, la soavità della nostra autentica
Autonatura, proprio qui ed ora, perché questo è il profondo e
compassionevole monito degli antichi Patriarchi del Chan".
-----------JJJ
(tratto da www.centronirvana.it)
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