Si
sveglio’ con quel sapore di alcool ancora in bocca. Il sogno che
stava facendo svaniva lentamente mentre si muoveva nel letto
cercando di riprendere sonno, gli sembrava parlasse di un cavaliere
alle prese con un drago ma nella sua testa il drago piano piano
assomigliava sempre piu’ ad un dinosauro estinto che aveva visto
in un film, adesso vedeva questo essere correre dietro ad una jeep e
si ricordo’ il film, gli era piaciuto ma il titolo non se lo
ricordava, c’era una foresta ma il ricordo era annebbiato,
l’immagine di un bicchiere su una jeep con dentro del liquido
chiaro, forse acqua, che oscillava al ritmo della vibrazione del
terreno, forse per i passi del gigantesco dinosauro, lo fece
trasalire alla sera precedente.
Il
bicchere pieno di liquido scuro con ghiaccio, cubalibre, sul
tavolino della discoteca, vibrava questa volta al ritmo della
musica.
Non
gli era mai piaciuta la discoteca, preferiva sempre luoghi meno
affollati dove poter parlare senza dover urlare, e magari anche meno
costosi, ma non era una questione di soldi, semplicemente non capiva
il senso di spendere tutti quei soldi per stare pressato insieme a
mille persone sudate e preoccupate solo del proprio aspetto fisico,
e visto che non si poteva praticamente parlare doveva per forza
essere cosi’.
In
effetti il ricordo rimaneva muto, come se la pressante e alta musica
fosse stata cancellata, rimossa dal suo cervello, per lasciare il
posto alle immagini quasi al rallentatore di cio’ che gli girava
intorno, un mondo di figure in movimento, alcune dolci e aggrazziate
altre tentennanti e scattose.
Lui
era li in mezzo con lo sguardo cercando un colore diverso ,che
spiccasse sugli altri, una situazione che potesse destare la sua
curiosità, ma tutto quello che vedeva non era altro che movimento e
movimento, senza tregua.
Gli
piaceva ballare, scatenarsi, quelle poche volte che era andato in
discoteca aveva ballato tutta la notte, ma quella sera c’era
qualcosa che non andava, una vibrazione dentro che assorbiva tutte
le energie, l’amico che lo aveva accompagnato era da qualche parte
la dentro immerso in quelle luci e quel buio, probabilmente intento
a cercare di salutare piu’ gente possibile come se fosse uno
sport, andava alla ricerca di qualcuno che conosceva, ma non aveva
un’idea precisa sapeva che qualcuno la dentro lo conosceva e
quindi doveva andare.
Ma
non era il suo amico il problema, c’era qualcosa la fuori, fuori
dalla discoteca che bussava ai suoi pensieri con insistenza come se
fosse suo diritto entrare, un sorso dal bicchiere, era già il terzo
o forse il quarto ma non ricordava con certezza, nel vano tentativo
di smettere di pensare, cercava nell’alcool un sostegno per
alleggerire la serata, ma sapeva benissimo che non avrebbe mai
funzionato.
La
sensazione del ghiaccio che scontrava le labbra e il gusto della
bevanda alcolica gli torno alla mente nel letto, il suo stomaco fece
un suono simile a quello di una porta mai oliata e chiusa
lentamente, il cuscino era morbido e il letto caldo e i suoi
pensieri si mossero di nuovo per mete lontane.
Il
tavolino era di alluminio e anche la sedia lo era, aveva uno stile
tipo sedia da spiaggia, ma molto piu’ scomoda , lo schienale era
freddo e la sensazione sulla maglietta non era proprio piacevole, ma
andava bene per starsene tranquillo un po’ in disparte, non aveva
voglia di buttarsi nel casino si sentiva spossato, come svotato , in
quel casino di gente aveva trovato solo quel posto, abbastanza
vicino ai grossi finestroni per mitigare il caldo e non troppo
vicino alla pista da ballo, ma soprattutto non di passaggio.
Adesso
lo stomaco aveva dato di nuovo segni di vita, un rumore piu’ cupo
di quello di prima, lui non riusciva a ricordare l’ultima volta
che aveva mangiato, forse la sera prima, teoricamente si , ma il
dove e il cosa rimanevano fissi come delle luci di natale con
l’intermittenza fulminata, una fitta alla testa lo fece desistere
ad andare oltre, come se il fiume di pensieri volesse tornare alla
discoteca della sera prima e ogni sforzo per reagire fosse inutile.
Forse
era un’ora che era seduto o forse due. Una gamba sembrava
addormentata sotto il peso dell’altra incrociata sopra, era il
momento di fare due passi, tanto li non sarebbe cambiato nulla, uno
sforzo e via.
<
tu vieni con me > aveva detto al bicchiere e poi si era
vergognato a morte di aver parlato con un bicchiere davanti a tutti,
era come se i pensieri si fossero materializzati da soli in parole,
ma poi si rese conto che con quel casino nessuno avrebbe mai sentito
quella frase e quindi lo prese con una mano dalla cima con cura per
non farlo cadere e si diresse verso il bagno.
Gli
odori adesso avevano preso il posto delle ammagini in movimento,
c’era profumi dolci come miele, alcuni troppo alcolici o troppo
forti per essere abbinati con belle ragazze che sfoggiavano abiti
sottili e trucco impeccabile, altri simili ad acqua di colonia,
dopobarba da supermercato su ragazzini che minimo dimostravano 25
anni e che probabilmente ne avevano appena 18, poi c’erano odori
di sudore diversi, di pelle e cuoio delle cinture, odori di alcool,
odore di vestiti nuovi o detersivi, odore di cocktail alla frutta
sulle labbra di giovani ragazze in carne un po’ volgari alla
ricerca di qualcuno che le addocchiasse, la strada era disseminata
di passaggi stretti tra persone troppo intente a cercare un dialogo
per accorgersi che il passaggio era ostruito.
Il
bagno era in fondo ad una scala su cui molte persone, perlopiu’
ragazzini avevano pensato di riposarsi un po’, dove la musica non
e’ piu’ cosi’ forte, stralci di semplici discorsi sulle
ragazze dentro la sala che a malapena evava sentito ma che eveva
classificato come parole tanto per dire qualcosa, aveva proseguito
verso il bagno.
La
coda per andare al bagno delle donne, iniziavo fuori dalla porta
principale dello stesso, c’erano alte e basse , grasse e magre,
belle e brutte, ma tutte con la stessa preoccupazione, chi terrà
loro la borsa mentre loro saranno dentro, con la foga di chi sta
organizzando una festa in piazza a decidere la sequenza di ingresso
e chi terra’ la borsa in quel momento, si ricordo’ di aver
pensato che avrebbero ripassato almeno 20 volte la sequenza in quel
quarto d’ora che le separava dal bagno, ma che magari qualcuna
avrebbe desistito nel frattempo e loro in tutta furia evrebbero
dovuto rifare tutta la sequenza, strana mania questa delle donne di
organizzare tutto prima.
Ovviamente
il bagno degli uomini era vuoto, solo due ragazzini davanti allo
specchio a sistemarsi il ciuffo, era acqua o era gel quella roba che
avevano sui capelli, non fa differenza, l’effetto ero lo stesso.
L’odore
di pipi’ era forte e duro, sembrava il bagno di uno di quegli
autogrill autostradali dove si fermano solo camionisti, si mangia
bene ma non ti devi avvicinare al bagno.
Nel
ricordo di quel bagno si delineo’ la figura della signora al suo
interno intenta con un manico e uno straccio a pulire per terra che
come lo vide arrivare gli fece segno di fermarsi perchè per terra
era bagnato, a lui sembro’ strano: < a quest’ora devi
pulire?> penso’ ma non disse nulla, non era rispettoso, e poi
si rese conto di aver fatto bene quando lei come leggendogli nel
pensiero gli disse: < Ne ho approfittato visto che non c’era
nessuno> .
Si
ricordo’ che la voce era strana un po’ roca e anche il modo di
muoversi e gesticolare era strano, simile a quel film in Dustin
Offman che faceva il fratello di Tom Cruise, e lo sguardo mentre gli
parlava era sceso a terra fisso, come quelle ragazze molto timide
che non riescono a parlare se le guardi negli occhi.
Lei
avrà avuto una quarantina o forse piu’ ma l’età era
indefinibile un po’ rovinata, i capelli raccolti neri con qualche
striatura di bianco, una giubba blu simile a quelle dei bambini
dell’asilo, ciabatte di infermiera blu con calzini bianchi.
Lei
poi le fece segno verso un bagno che era fuori dalla portata del
pavimento bagnato, lui poso’ il bicchiere sul lavandino davanti
alla porta del bagno , diede ancora uno sguardo a lei e si infilo’
dentro.
Il
ricordo adesso sfumava e si contorceva un po’ pungente come
un’ago in un braccio perchè quando usci’ i due ragazzini
parlavano con la signora prendendola in giro, non ricordava bene la
motivazione, ma adesso lei era diversa parlava, strana ma parlava e
si agitava, la sua testa si fisso’ sugli occhi di lei , la presa
in giro era sottile e non evidente, convinti che lei non avrebbe
capito, e in effetti lei rispondeva a tono senza tradire alcuna
comprensione della situazione , ma i suoi occhi, occhi neri come la
pece luccicavano come il pelo dell’acqua colpita dal sole e
trasparivano una tristezza profonda, simile a quella che lui sentiva
dentro di se ma molto piu’ profonda, quello sguardo provoco’ in
lui reazioni forti, e allo stesso tempo lui non fece nulla ne
traspari’ nulla, si mosse verso lo specchio e si lavo’ le mani,
e si senti Ponzio Pilano, velocemente se ne ando’, sempre con il
suo bicchiere in mano.
Ormai
era mattina, la sveglia suonava all'impazzata, era il momento di
alzarsi, il ricordo o il sogno con tutti le sue sensazioni svanirono
insieme alla luce della stanza.
Paolo.
Completato
il 27/05/2003 |