"Unire il
futile al dilettevole è quello che fai ogni giorno" disse il
vecchio sulla panchina, lui non capì bene cosa avesse detto, trasalì
e gli chiese : "Scusi?"
Il vecchio era appoggiato allo schienale grigio della panchina, i
suoi vestiti erano intonati con i colori morti della città e della
panchina, quasi come un camaleonte si mimetizzava con quello che gli
stava attorno, l'effetto era incredibile, sembrava che fosse sempre
stato li, un tutt'uno con l'asfalto e con il ferro cotto dal sole e
liso dagli agenti atmosferici.
Trasalendo si rese conto che non lo aveva notato, sempre immerso nei
suoi pensieri com'era, e non era facile notare quel vecchio seduto,
pensando al lavoro e camminando con lo sguardo perso nel vuoto.
Il giorno prima era scoppiato un casino in ufficio e lui ancora non
riusciva a darsene pace, era sua responsabilità occuparsi di quelle
cose, prevedere quello che sarebbe potuto succedere, e lui era
convinto di averlo fatto,ed era bravo a farlo, aveva previsto a
tavolino tutte le cose che sarebbero potute succedere, dopo sei mesi
che le cose funzionavano correttamente, piano piano tutto aveva
cominciato a sgretolarsi, lentamente, ogni pezzettino aveva
cominciato a non funzionare come doveva e ogni cosa aveva cominciato
ad andare a rotoli, prima avevano smesso di funzionare le piccole
cose e come un virus si era allargato a tutto il sistema, finché il
sistema principale si era bloccato irreversibilmente , tutto il
sistema era collassato, mandando nel caos la società del suo
cliente.
Era stato licenziato, "Non abbiamo più bisogno di lei"
gli avevano detto, il suo lavoro era prevedere i disastri e
prevenirli, ma questa volte le cose non erano andate come previsto,
la sua credibilità era morta, e adesso era solo un fardello troppo
pesante per le spalle della società per la quale lavorava, due
parole, una lettera da firmare, e via .
Aveva fatto appena in tempo a togliere la roba dai cassetti della
sua , ormai ex , scrivania, mentre il nuovo arrivato, sbarbato,
giovane e con quel sorriso di chi è convinto di sfondare nella
vita, era li con le sue cose in mano pronto a sedersi alla sua nuova
scrivania, era stato tentato di dirgli qualche cosa,metterlo in
guardia su come sarebbero andate le cose se avesse fallito, ma in
fondo nessuno vuole ascoltare la verità, preferiscono tutti vivere
tra le nuvole , anche se quando si cade ci si fa più male, e allora
era stato in silenzio.
Si era chiuso in casa, se sentiva vuoto, aveva fumato senza gusto
per un giorno intero e non si ricordava di aver mangiato, non lo
aveva fatto, la mezza bottiglia di Montenegro aperta sul tavolo
della cucina aveva riempito il suo stomaco e il suo sangue della
giusta quantità di alcool che serviva per farlo sentire un po'
scollegato dal resto del mondo.
Poi aveva deciso di uscire a fare due passi per vedere se il mondo
la fuori era come se lo ricordava, aveva camminato per un'ora, senza
meta, senza osservare nulla, solo pensando e camminando.
E adesso era là fermo davanti a quel vecchio e finalmente si
accorse di essere da qualche parte, la sensazione era quella di
essersi svegliato in quell'istante, e per caso di essersi trovato in
un posto.
Non si ricordava la strada che aveva fatto e dove era diretto, per
un'attimo si sentì sperduto e si perse negli occhi del vecchio che
lo stavano fissando.
Ripete la domanda "Scusi?" e si accorse che a fare da
contrasto allo scenario apparentemente triste del vecchio sulla
panchina, c'erano gli occhi dell'uomo, erano limpidi, di un azzurro
appena velato di grigio, erano puliti attenti e leggermente umidi,
non avevano nulla di triste o di pesante, sembrarono a lui come due
fari accesi in una notte di pioggia su una strada di montagna.
La cosa strana era che avevano qualcosa di famigliare, non riusciva
a descrivere cosa fosse, ma gli sembrò di aver già guardato più
volte in quegli occhi, il vuoto che aveva dentro piano piano
scomparve, i suoi pensieri si dissolsero, e lui era li, davanti a
quel vecchio dallo sguardo attento, e con un accenno di sorriso
sulle labbra.
Il vecchio parlò con una voce profonda e tranquilla, con una calma
quasi irreale rispose: "Unire il futile al dilettevole" ,
socchiuse leggermente gli occhi , "è quello che fai ogni
giorno" .
Il silenzio era come un'urlo nella sua testa, gli faceva male , come
una fitta, il silenzio degli spazi tra le parole del vecchio, la
testa scoppiava e pulsava e poi tutto si fermo' , come quando è
tanto che sei costretto a sentire un rumore sgradevole e questo
cessa, un sollievo che parte dall'interno e ti riempie.
La sensazione era cosi' forte che per impulso si giro' e se ne ando',
questa volta sicuro della sua meta, doveva tornare a casa, qualcosa
era cambiato, tutto era rimasto uguale ma qualcosa era cambiato,
sentiva un'energia che non aveva mai sentito e non riusciva piu' a
trattenerla, ogni rumore era nitido, ogni profumo era un vero
profumo, la strada di casa era segnata da odori e profumi che lui
conosceva bene ma aveva dimenticato, e adesso si ricordava, si
ricordava e sapeva.
Arrivò a casa di corsa e aprì la porta, l'odore di fumo era ancora
forte, tutto era come lo aveva lisciato, la bottiglia era ancora li,
ma non gli interessava, si mosse veloce verso il bagno e finalmente
arrivò davanti al lavandino e lì si guardò allo specchio.
Gli occhi che aveva visto, gli occhi di quel vecchio erano li, ed
erano i suoi, erano sempre stati i suoi, ma adesso erano accesi,
avevano iniziato a brillare e sembravano altri occhi, non avevano
mai avuto quella luce. Si guardò allo specchio e si ricordò, tutto
aveva un senso e tutto era quello che era, tutto era al suo posto e
tutto era così.
La sua mente ripassò la figura del vecchio e tutto gli fu chiaro,
adesso doveva andare, aveva un sacco di cose di fare!
Paolo.
Completato il 1 Ottobre 2003
|